Ero rimasto piacevolmente colpito, qualche mese fa, dall’EP dei
Geminy, dopo il quale il rientro in formazione del drummer Maurizio De palo e l’arrivo del tastierista Ivano Lavezzini hanno consentito il ritorno in studio per arrivare alla pubblicazione del debut album omonimo.
Tempo fa accostai la band agli Opeth, forse peccando di troppa fretta, perché in realtà la proposta dei Geminy risulta molto più fruibile di quella dei maestri scandinavi.
Siamo oggi di fronte a un lavoro buono, caratterizzato da un progressive melodico, decisamente già sentito ma ben fatto. I ragazzi italiani si muovono in territori sicuri, dove è lampante quanto si trovino a proprio agio. La voce, stavolta, pur essendo tecnicamente ineccepiblie, mi lascia un po’ perplesso in alcuni passaggi, anche se dopo qualche ascolto in effetti le diffidenze iniziali vengono limate.
A tratti è un album da voti molto alti, mentre in altri frangenti pecca di ingenuità e di inesperienza, risultando sotto la sufficienza. In generale, dunque, il mio voto è poco più di sei. C’è ancora tanto margine per crescere: il songwriting va migliorato levando le parti più scontate, va rafforzata la coesione tra i diversi strumenti (voce compresa) e vanno fatte scelte più coraggiose di sperimentazione sonora.
Io credo, sinceramente, che questi ragazzi possano fare di meglio. Si sente che sotto ci sono un fuoco e una capacità che ancora sono per buona parte inespressi. Come debutto va bene, ma il vero momento per mettersi a lavorare arriva ora: promozione ma soprattutto tanti live. Vedrete che con tanto palco sulle spalle saprete meglio dosare tutto quanto! Vi aspetto alla prossima e mi attendo almeno un disco da otto pieno!
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