Riproponendo in copertina quello che ormai è il loro totem, un elefante, così come era stato per il loro primo album Elephantyasis, tornano i
Last Barons;
Cheval de Troie il nome del secondo atto della carriera dei francesi. Starete pensando: elefanti, cavalli… cos’è un circo? NO! Però penso possiamo aggiungere un altro elemento vicino a questo mondo: la giostra. Più avanti vi spiegherò il perché.
I nostri ci propongono un disco polivalente, ambientato all’interno di un alternative rock con richiami prog, jazz, ma in generale dominato da una componente di quel genere che tutti continuano a chiamare erroneamente grunge –di grunge vero in realtà non se ne può parlare da molti anni- …parliamo di Seattle sound, post-grunge, come diavolo vi pare, ma non di grunge per carità, credo neanche gli Alice in Chains (comunque tra i miei preferiti) ormai meritino il tag.
Proprio gli Alice in Chains sono alla base degli stimoli dei Last Barons andando ben oltre il semplice ispirarsi e sfociando in una vera e propria emulazione. Il disco in realtà è realizzato bene e suonato ancora meglio, forse troppo lungo ma si fa apprezzare facilmente, il problema è che non riesce ad imprimere la sua forza proprio perché sembra non essere sua ma bensì presa in prestito.
Se siete cultori di queste sonorità non esitate a farlo vostro considerando però la mancanza di innovazione e un carattere a cui concedono poco spazio (
“Rubber Boots”,
“Hidden Sun” o
“Cosmogony and Dimension of the Mind” qualcosina la lasciano intravedere insieme a pochi altri trafiletti), però come dicevo prima tutto ben fatto e capace di tramettere un suo pathos, non a caso si propongono come
crooner rockers.
Probabilmente l’amore per un genere o un certo ambito musicale porta spesso a non valutare i rischi di non azzardare e succede di trovarsi come sulla giostra a cui mi riferivo sopra: girare in tondo passando sempre dallo stesso punto, se la cosa piace nulla da biasimare ma immaginate quanto si divertono quelli che, per un motivo o per un altro, stanno a guardarvi… un musicista serio probabilmente se sbatte perché in fondo la musica prima di farla bisogna sentirla dentro, almeno questa è l’impressione che trapela da Cheval de Troie, motivo per il quale si beccano la sufficienza.
Venghino signori, venghino…
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