Oibò … un disco
grunge … nemmeno tanto
post … una “roba” da far “inorridire” i rockers che imputano al Seattle Sound tutte le disgrazie dell’
hard melodico negli anni novanta, insomma … ovviamente sto scherzando, ma è innegabile che l’ascolto dell’album eponimo degli
X-Ray Life rimandi direttamente alle gloriose esperienze “autoctone” di Nirvana, Pearl Jam, Soundgarden e Alice In Chains, “gente” sicuramente tanto amata quanto odiata, per poi finire per offrire la base ispirativa a moltissimi campioni dell’
alternative contemporaneo.
Nello specifico, come anticipato, i nostri veneziani riescono ad evitare la patina leziosa di tanto “radio-rock” moderno, ma dall’altra parte ostentano una devozione fin troppo sfacciata nei confronti dei succitati protagonisti del genere, realizzando un dischetto sicuramente gradevole e tuttavia in debito di un’autentica personalità distintiva.
Ogni pezzo del programma, in pratica, costringe a vividi episodi di
dejà entendu e anche se si tratta di una sensazione ormai piuttosto ricorrente, qui in ogni caso nobilitata da un certo gusto espressivo, è inevitabile che il valore “artistico” complessivo dell’opera non possa che uscirne leggermente ridimensionato.
Qualora tale suggestione non vi crei particolari problemi e siate alla ricerca di un ottimo emulo di quei suoni nonostante tutto fondamentali per l’evoluzione (anche in senso culturale, sociologico e mediatico …) della musica
rock, affidatevi con fiducia alle varie “Machine gun kelly”, “Everyone is a star”, “Coma like a dream” (bello il tocco
vizioso alla Stooges), “Hey”, alla densa e scura “Lay on you” (uno dei pezzi più riusciti … un’interpolazione Nirvana / AIC davvero efficace …) o ancora alla crepuscolare ballata acustica “Sad” (in odore di “Sap” e “Jar of flies” …) e al
blues tormentato "665 inside”, momenti di
grungitudine certamente ben realizzati e discretamente coinvolgenti.
Da segnalare, infine, una bella
cover di “Susie Q” dei Creedence Clearwater Revival, mentre l’approccio vagamente
sleaze di “Devil on Earth” e, soprattutto, le dinamiche maggiormente mutevoli di “The last song” (una sorta di
jam session tra U2 e Pearl Jam, con un piccolo contributo dei Semisonic …) forniscono un’interessante variazione sul tema, meritevole di essere approfondita in futuro.
Alla luce dei fatti, gli X-Ray Life, grazie a dotazioni tecniche e consistenza interpretativa, incassano una sufficienza piena, in attesa di un superiore carisma che possa consentire loro di fare l’auspicabile “salto di qualità”.
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