Enrico Giannone è un miscuglio di fiere radici napoletane e attitudine anticonformista e contraddittoria. Uno che ha cantato i 99 Posse e che se gli dai del metallaro potrebbe pure spaccarti i denti con una testata, nonostante da più di dieci anni sia dedito all’estremismo musicale, quella particolare forma di musica che è una sintesi migliorativa dell’incrocio tra brutal death metal e hardcore. Giannone è uno nato per fare incazzare la gente, ed è uno che ci riesce benissimo. Stavolta ci propina un intero disco di remixes del precedente disco degli Undertakers “Vision, Distortion, Perversion”, aiutato da tale Reeks che, sicuramente colpa mia per la quale mi dolgo, mi è ignoto. L’esperimento di per sé non è nuovo, ci avevano pensato già i Morbid Angel (remixati dai Laibach) e i Fear Factory a pubblicare dischi di tal sorta, entrambi coronati dalle abbondanti dosi di incazzatura della sacra congregazione per la purezza della fede metal (gli stessi che poi vanno il sabato a ballare in discoteca…non che ci sia nulla di male, lo fa anche il Graz…). C’è da dire però che è oltremodo difficile ritrovare nelle spire di questi remixes le tracce del disco di partenza. È tutto stravolto, scarnificato e destrutturato. Il rumore che ne proviene è un marasma sonoro martellante e disturbato che si nutre di industrial come di techno, di gabber come di drum’n’bass, sui quali come cicatrici inferte spuntano i segni di grind e death metal (soprattutto nelle vocals di Enrico, filtrate per l’occasione). Reeks stravolge completamente e si spinge decisamente oltre rispetto a bands come i Meathook Seed di Shane Embury e fa proprio il deviato verbo degli Scorn, per trasfigurarlo e piegarlo alla propria perversione. Superbe sono “No Satan No God” (l’unico opera di altre due entità quali Fire At Work ed Anticracy), un brano di oltre sette minuti di pura follia e pesantissime scorie techno/industrial, e la successiva “…Massacre” che, al calderone, aggiunge derive zorniane dovute al sax di Marcello Alulli.
I fan degli Undertakers devono avere questo disco, e in genere tutti coloro che amano la musica malata e deviata dovrebbero perlomeno dargli un ascolto, scoprirebbero così un piccolo gioiello fatto di rumore perverso e distorto e di visioni biomeccaniche degne dell’opera di H.R. Giger. Ne vogliamo di più, decisamente.
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