Nati negli States a metà degli anni ’90 e figli di una storia a dir poco travagliata, i Buckcherry hanno saputo conquistarsi nel corso del tempo uno zoccolo duro di fan, oltre a guadagnarsi la notorietà grazie ad un marchio di fabbrica importante e riconoscibilissimo, che rende l’hard rock di questa band unico nel suo genere e, anzi, imitato anche da più parti.
Il sesto album, Confessions, non fa altro che aggiungere nuovo materiale di grande qualità a quanto già fatto in passato, senza spostare di una virgola la direzione degli statunitensi, alfieri gonfi di orgoglio del proprio modo di interpretare questo genere.
I primi due pezzi ci regalano subito la convinzione di trovarci tra le mani un bel disco, con una
Gluttony che potrebbe essere un perfetto singolo e il riffone di
Wrath che conduce a un ritornello davvero esaltante. Da qui in poi, è possibile dividere l’album in poche sezioni: le ballad
Nothing Left But Tears (mediocre),
Sloth (buona) e
Dreamin’ Of You (ottima), le alternative
Greed, Water e
Envy e le classiche
Seven Ways To Die, Air e
Lust.
Una band con un proprio stile, che però ogni tanto ha il coraggio di osare. Questa scelta alcune volte paga, altre meno, ma è il segnale che questi ragazzi hanno ancora tanto da dare e tanta voglia di scrivere musica. Un disco non proprio per tutti, ma i fan del rock made in USA saranno davvero molto felici di ascoltarlo.
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