Nel settembre 1999, i tedeschi
Necrophagist di
Muhammed Suiçmez si affacciano sulla scena Death Metal con l'incredibile debut album "
Onset of Putrefaction" (
Noise Solution Records).
Per la verità dire "si affacciano" è un errore, poiché i
Necrophagist di "
Onset of Putrefaction" si reggono interamente sulle spalle del chitarrista e vocalist
Muhammed Suiçmez. Inizialmente il progetto sembra che vedesse la presenza di altri strumentisti, e che in seguito abbiano abbandonato la band prima di registrare l'album. Così
Suiçmez si è fatto carico – e direi egregiamente – di tutti gli strumenti fuorché la batteria, che comunque ha provveduto a programmare con una drum–machine. Anche le composizioni sono tutte accreditabili a lui, quindi si tratta di una vera e propria one–man band.
Il platter composto dall'eclettico chitarrista, pur non inventando niente, lo si può considerare importante nel consolidare e nel ridefinire il corso preso da un certo tipo di Death Metal che andava sviluppandosi da inizio anni 90.
Per la precisione, in seguito alla svolta tecnica/progressive di gruppi come i Death – a partire da "Human"–, gli Atheist e i Cynic di "Focus", si veniva profilando un modo più tecnico e raffinato di suonare il genere. Parallelamente si stava assistendo, da parte di band come Morbid Angel, Deicide (si pensi a "Legion"), Malevolent Creation, Immolation, Incantation, Cannibal Corpse, Suffocation e altri, ad un processo di estremizzazione sonora nella direzione di una maggiore brutalità e velocità esecutiva, affiancate da tematiche di tipo gore e splatter. È nella fusione di queste due correnti parallele, quella tecnica/progressiva e quella più brutale – iniziatasi con "Effigy of the Forgotten"(1991) dei Suffocation – che affondano le radici i
Necrophagist.
Come già accennato precedentemente, con i
Necrophagist non si crea niente di nuovo, poiché intraprendono un percorso già battuto da formazioni come Cryptopsy, Deeds of Flesh, Dying Fetus, Nile e altri, ma indubbiamente contribuiscono a definire e a ricalibrare le coordinate di un genere all'epoca in status nascendi: il Technical Brutal Death (sulla correttezza o meno dell'utilizzazione di tale termine lasciamo disquisire i "puristi" del metallo). "
Onset of Putrefaction" è un disco che a modo suo ha fatto scuola.
Calandoci nel dettaglio dell'album, possiamo vedere come queste due filigrane si intreccino a costituire la trama musicale del disco: la componente prettamente Brutal perfettamente amalgamata con quella “classica” dalle lievi aperture Progressive. Parlo di lievi aperture, poiché i brani sono tutti piuttosto contenuti nella loro durata, e seppur intricati risultano privi di "suite" musicali mantenendo una certa linearità. È proprio quest'ultima l'elemento che a mio modo di vedere rende grandioso il lavoro di
Suiçmez; ovvero l'essere riuscito a realizzare un prodotto estremamente tecnico, collocabile tranquillamente ai vertici del suo genere, senza perdere l'immediatezza e il feeling che solo la "forma canzone" in qualche modo riesce a garantire. Le composizioni, seppur immerse nella "morte gora" dell'inintelligibilità tipica del genere, riescono a risultare – mi si passi il termine – quasi "catchy". Questo risultato avviene anche grazie alle linee vocali, le quali, nonostante la profondità del tipo di growl adottato, riescono in qualche modo a rimanere nell'orecchio dell'ascoltatore; in particolar modo con alcuni refrain immediati, come per esempio quello di "
Mutilate the Stillborn".
Tuttavia, il punto forte di tutto il disco è rappresentato dall'immenso lavoro svolto alla chitarra, sia sul fronte ritmico che su quello solista. Il leader dei
Necrophagist si mostra a suo agio su qualunque tipo di velocità e di partitura, sfoggia riff facilmente memorizzabili e al tempo stesso incredibilmente intricati e densi di cambi di tempo. Notevole come lo stesso uomo riesca a tenere conto di ciò che deve fare un basso in un contesto sonoro così complesso, e a suonarlo con efficacia senza limitarsi ad un ruolo marginale, al pari di un vero e proprio bassista.
L'unica pecca, a mio modo di vedere, è la drum-machine, la quale forse toglie un po’ di "dinamicità" al disco; il fattore umano è difficilmente replicabile, ma a onor del vero bisogna dire che solo un ascoltatore esperto è in grado di rendersene conto.
Il platter si articola attraverso 8 brani per un totale di circa 35 minuti, tutto funziona alla perfezione come una macchina ben oleata. Siamo di fronte ad un prodotto piuttosto omogeneo, dove si può notare un’accentuazione della componente prettamente Brutal nelle prime tracce, mi riferisco alle tecnicissime "
Full Body Autopsy" e "
To Breath in A Casket" (leggermente più melodica), e alla irresistibile, dal sapore "Cannibal", "
Mutilate the Stillborn"; per poi lasciare spazio più ampio, a partire da "
Intestinal Incubation", ad un progressivo aumento della melodia e delle contaminazioni di derivazione classica, il cui apice viene raggiunto in "
Culinary Hyperversity" e "
Advanced Corpse Tumor", per poi concludersi con le "bilanciate" "
Extreme Unction" e "
Fermented Offal Discharge".
Di pregevole fattura anche la produzione, affidata anch'essa al poliedrico strumentista. Suoni potenti, nitidi e ben definiti che consentono di seguire tutte le intricate trame musicali intessute dai vari strumenti.
Un disco magistrale, affascinante, grazie alla giusta contrapposizione di brutalità e melodia, che si equilibra all'interno di un inscindibile dualismo folgorante.
Recensione a cura di DiX88