Sette albums, un passaggio di consegne dalla Napalm alla Massacre, l'abbandono clamoroso e polemico di
Ronny Thorsen finito il disco nuovo, lui che era l'unico rimasto insieme a
Cathrine Paulsen, dopo che già in occasione del precedente
Bloodstained Endurance tutti gli altri membri della band se ne erano andati (e, in effetti, a questo punto il dubbio che il problema sia lei sorge legittimo). Eppure il sound dei
Trail of Tears non è cambiato di una nota. L'unica cosa che tiene in piedi questa band è la voglia di crederci della female vocalist, che, però, dopo sette lavori di qualità mediocre, senza ombra di miglioramento o sviluppo, diventa cieca ottusità. I soliti riffoni pesanti e quadrati, le solite ritmiche cadenzate quel tanto che basta per non finire nel death, le solite aperture sinfoniche stereotipate e kitsch, l'alternanza fra il growl maschile particolarmente arrabbiato (spia della futura dipartita?) ed i virtuosismi fra soprano e power metal della Paulsen, decisamente in primo piano rispetto ai male vocals. I pezzi non sono solo dilettanteschi ma hanno anche quella pacchianeria tipicamente teutonica che può diventare un pregio solo se associata a bands come i Rammstein o a generi come il power, il thrash o il folk, di certo non al gothic metal. La Paulsen ha una voce che potrebbe essere impiegata in maniera decisamente migliore, invece gioca a fare la prima donna, spolmonandosi come se volesse entrare negli HolyHell. Ciliegina sulla torta, la produzione stranamente pessima: female vocals registrate molto più basse rispetto al resto, le parti che compongono ogni pezzo sembrano giustapposte anziché amalgamate fra loro, i suoni artificiosi e mal definiti. Sinceramente, che senso ha un gruppo così?
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