Copertina 6

Info

Anno di uscita:2004
Durata:32 min.
Etichetta:Alone Rec.
Distribuzione:Brainstorm

Tracklist

  1. SHABADOO
  2. COLONY
  3. KAMIKAZE
  4. LIGHT
  5. THANKS ANYWAY
  6. HUT NUT
  7. BOOZER
  8. TALKING CANDLES
  9. NEW WORLD

Line up

  • Chris Kosnik: bass, vocals
  • Duane Hutter: guitar
  • Corey Stubblefield: drums

Voto medio utenti

Secondo album per il trio guidato da Chris Kosnik, già in quegli Atomic Bitchwax che Ed Mundell continua a sciogliere e riformare con costanza impressionante, così il bassista ha giustamente provveduto a dare seguito al proprio progetto Black Nasa.
In questo nuovo lavoro si scorge la volontà di puntare in una direzione leggermente diversa rispetto al debutto, ancora fortemente influenzato dal sound chitarristico dei Bitchwax. Ora i Black Nasa interpretano un rock schietto, semplice ed orecchiabile, pieno di groove e ritmi solari, melodie furbette e trascinanti sin dal primo ascolto appena ombreggiate da vibrazioni bluesy e psych, in una sorta di versione leggera e meno trippy di Nebula e Fu Manchu ponendosi comunque un gradino sotto in fatto di ispirazione e brillantezza.
In sostanza un disco piacevole che non richiede sforzi eccessivi per essere assimilato, con quel retrogusto “stoneggiante” che lo preserva dalla banalità del rock molliccio senza però elevarlo più di tanto dalla media del settore, anche causa una brevità eccessiva.
Dai Bitchwax è stata ereditata la passione per i brani strumentali, ed è in questa fase che Kosnik e soci riescono ad esprimersi meglio. Se l’iniziale “Shabadoo” vede il suo discreto incedere teso e svelto frenato da uno sviluppo minimale, la più estesa “Hut nut” gioca bene un duetto tra la lead di Hutter ed una sempre gradita armonica blues, mentre il vertice dell’album viene raggiunto con il rarefatto space-rock “Talking candles” ottimamente bilanciato tra delicata malinconia e fumi psichedelici.
Sull’altro fronte si distinguono per vivace ed allegro dinamismo “Colony”, “Kamikaze” e “New world”, episodi essenziali con lievi accenti di hard settantiano, ed anche l’ambiziosa “Light” lungo brano dal taglio melodico che può forse ricordare i Pink Floyd meno ostici ma con risultato un po’esile ed anonimo.
Per i Black Nasa un secondo capitolo sufficiente ma privo di spunti veramente rimarchevoli, quindi un disco abbastanza di contorno. Se vi piace il rock contemporaneo made in Usa sul genere di QotSA e compagnia potete farci un pensierino, tenendo però a mente che il livello di questa formazione è per ora sensibilmente inferiore.

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