A far la felicità di tutti i
deathsters della vecchia scuola, arrivano dalla Danimarca i
Cerekloth, band nata dalle ceneri dei
Church Bizarre e di altre band del sottobosco danese. L’intento, stando a quanto riportato sulla biografia, è quello di riproporre i vecchi fasti del
death metal attraverso brani che ne rappresentino un ritorno alle origini, con un suono marcio, oscuro, maligno. E con questo “
In the Midst of Life We Are In Death”, primo lavoro sulla lunga distanza (preceduto da due ep, “
Pandemonium Prayers” che includeva una cover del classico “
Lunatic of God’s Creation” dei
Deicide e “
Halo of Syringes” edito nel 2011) centrano pienamente l’obiettivo, confezionando un disco che rappresenta un perfetto esempio di quella che ormai è una vera e propria scena, la
new old school death metal, che sta facendo proseliti ovunque.
Si parte con “
Preludium” un’introduzione da manuale, dannatamente trascinante, fatta di riff semplici, dall’incedere cadenzato e da un alone nero che accompagnerà tutti i 38 minuti dell’album. La successiva “
Born of the Void” chiarisce senza alcun dubbio quali siano le intenzioni della band: un “
signor”
growl profondo e splendidamente maligno, chitarre che sembrano registrate nei
Sunlight studios di Stoccolma nel 1989 e una doppia cassa che si muove tra momenti più sostenuti a rallentamenti catacombali.
L’influenza dei
Morbid Angel degli anni d’oro aleggia un po’ in tutte e 8 le tracce, specialmente per quanto riguarda l’aspetto più “
occulto” che pervade l’intero album.
“
Halo of Syringes” (brano già presente nel precedente ep, qui in una versione ri-registrata) è un gioiellino
death/doom, uno di quei brani che se fossero usciti 25 anni fa, sarebbero certamente un classico del genere. Un mid tempo che si alterna a ritmiche tremendamente doom, arpeggi distorti e la blasfema e filtrata voce del singer, che mi ha fatto pensare a “
Worship Him”, primo lavoro degli svizzeri
Samael. Qua e là accenni di melodia, anch’essa assolutamente “nera”, che accompagnano la luttuosa discesa negli Inferi da parte dell’ascoltatore. Lentissima e mortifera l’ultima traccia “
The Reapers Instant Is Our Eternity”, veramente un ottima conclusione per un lavoro che senza inventare nulla di nuovo riesce ad essere realmente interessante e nettamente al di sopra della media.
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