Nel 2008, a soli diciotto anni questi ragazzi belgi hanno rilasciato
All is Chaos, che si è guadagnato la distribuzione gratuita tramite Metal Hammer e gli ha permesso di calcare i palchi di importanti festivals come opener di bands quali Deftones e Textures. Ora arriva
The Hutch e ditemi voi se questi sembrano poco più che adolescenti. Post metal sludge che non sfigura se messo a fianco di nomi come Cult of Luna, Isis o Mastodon, i principali punti di riferimento. Composizioni lunghe, dalle trame complesse e progressive, dove massicce dosi di melodia e variazioni cromatiche umorali sfumano in assalti acidi e dilatati, che ricordano dei Kyuss più morbidi, in abrasive chitarre sludge, un basso roccioso e vocals urlati... che, a loro volta, sfumano in parti acustiche. Ascoltate
Ashore, che oscilla fra richiami ad Alice in Chains, qualcosa dei Soundgarden, i Mastodon ed i Cult of Luna; la pesante ed urlata
Black Eyed, fra post grunge e garage; la torrida
Cryogenius, dove tornano gli Alice in Chains nel cantato di Brent Vanneste, o
Exile Of Our Marrow.
Photonic e
Push Pull sono delle maratone progressive, dagli accenti a volte esotici altre psichedelici. E poi le emozionanti aperture melodiche di
Pilgrimage Of A Blackheart. Potrei continuare, perché non c'è un solo brano di The Hutch che non meriti di essere ascoltato; ok, saranno derivativi, ma non è da tutti saper reintepretare la lezione di chi ha coniato un genere con questa personalità, freschezza e capacità tecnico compositiva. Un album che può essere un compagno per questa estate: sull'asfalto rovente o in vasti orizzonti di viaggio.
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