Copertina 8,5

Info

Anno di uscita:2004
Durata:76 min.
Etichetta:InsideOut Music
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. ANIMAE PARTUS
  2. DEUS NOVA
  3. IMAGO
  4. PLUVIUS AESTIVUS
  5. LILIUM CRUENTUS
  6. NAUTICUS
  7. DEA PECUNIAE
  8. VOCARI DEI
  9. DIFFIDENTIA
  10. NIHIL MORARI
  11. LATERICIUS VALETE
  12. OMNI
  13. ITER IMPIUS
  14. MARTIUS / NAUTICUS II
  15. ANIMAE PARTUS II

Line up

  • Daniel Gildenlow: vocals, guitars
  • Frederik Hermansson: keyboards
  • Kristoffer Gildenlow: bass
  • Johan Hallgren: guitars
  • Johan Langell: drums

Voto medio utenti

Non è certamente facile dare una valutazione obiettiva dell'ultimo lavoro dei Pain of Salvation, a causa di diverse ragioni da cui non si può prescindere in alcun modo. La prima è di carattere strutturale: “BE” si presenta come un'opera vera e propria, uno spettacolo nato per essere proposto dal vivo, e in quest'ottica trovano una valida giustificazione i numerosi intermezzi (recitati e strumentali) presenti nel disco: se da una parte sono indispensabili per cogliere le numerose sfumature dell'interessante concept partorito dalla mente dello straordinario Gildenlow, d'altro canto penalizzano in maniera notevole il ritmo del disco, rischiando di annoiare già dopo poche sedute gli ascoltatori meno pazienti. Non ha comunque molto senso giudicare questo album secondo i canoni utilizzabili per un classico disco rock/metal, perché “BE” esce realmente da ogni schema. La seconda ragione è di carattere logistico: ogni lavoro dei Pain of Salvation non brilla certo per immediatezza, e ovviamente neanche “BE” sfugge a questa caratteristica. La terza infine è puramente affettiva: non vi nascondo quanta ammirazione abbia per questa incredibile band svedese, sempre in grado di stupire ad ogni ascolto, capace di crearsi uno stile personalissimo e davvero unico.
Disorienta in particolar modo l'inizio del disco, estremamente “soft”, se mi passate il termine. Dopo una breve (e splendida) introduzione strumentale, che impressiona per la perizia tecnica dei cinque musicisti scandinavi, la prima canzone vera e propria è la sorprendente “Imago”, episodio dalle tinte folk, caratterizzata da ritmi tribali e parti vocali dal sapore etnico, chiaro esempio di quanto i dischi dei Ritual abbiano colpito Daniel negli ultimi tempi. Segue poi la lunga “Pluvius Aestivus” (da sottolineare la grande classe del gruppo nei richiami a “Chain Sling”), di cui è protagonista assoluto il pianoforte di Frederik Hermansson, accompagnato dai nove componenti della Orchestra of Eternity. E' proprio la presenza di un'orchestra a tutti gli effetti il tratto distintivo di “BE”, perché gli strumenti classici si sostituiscono quasi interamente alle tastiere, dando alla maggior parte dei pezzi un alone spettrale, quasi inquietante. Con la successiva “Lilium Cruentus” si torna su territori più vicini al consueto stile PoS: un inizio rilassato, molto evocativo, con un cantato sofferente e malinconico, che poi esplode in un bridge aggressivo, reso martellante dagli inconfondibili riff di Daniel e Johan Hallgren e dal cantato rap, fino a dar vita ad un ritornello di grande melodicità e intensità. Notevole il lavoro del duo Kristoffer Gildenlow – Johan Langell, molto groovy nelle parti più rilassate, di grande dinamicità nei passaggi più pesanti. Di “Nauticus” ho apprezzato invece l'incredibile versatilità vocale di Daniel, in un pezzo volutamente lento e privo di ritmo, vicino al patrimonio musicale delle popolazioni afro-americane, ma che purtroppo alla fine dei conti si rivela uno degli episodi meno riusciti e coinvolgenti dell'intero disco. Discorso diverso per “Dea Pecuniae”, che è forse l'episodio più strano di “BE”, una canzone a metà tra il jazz più ruffiano e il pop di qualche decina di anni fa, vagamente pomposo, una efficace rappresentazione della “gabbia dorata” di Mr. Money. L'unico difetto di questo pezzo, davvero apprezzabile per la particolarità di alcune soluzioni orchestrali e per il coraggio di sperimentare del gruppo, è forse l'eccessiva prolissità, ampiamente compensata da un Gildenlow assolutamente strepitoso, autore di una performance degna del migliore Glenn Hughes! “Vocari Dei” è uno dei momenti più toccanti dell'album, su una base strumentale delicata e mai invadente si inseriscono i messaggi rivolti a Dio che i fan del gruppo hanno avuto la possibilità di inviare telefonicamente qualche mese fa: il risultato è uno ritratto spontaneo dell'animo umano, delle nostre paure e delle nostre speranze, e alcuni interventi sono davvero emozionanti. Come suggerisce il titolo, in “Diffidentia” si respirano atmosfere angosciose, opprimenti, nel declino della società del nostro tempo: è questa la parte di “BE” in cui si può apprezzare davvero l'unicità del suono dell'orchestra, che dona al pezzo un'atmosfera irripetibile. “Nihil Morari” è senza dubbio una delle canzoni più belle che i Pain of Salvation ci abbiano mai regalato, di una classe davvero infinita, ricca di cambi di tempo e di sconvolgimenti ritmici, dimostrazione inequivocabile del genio assoluto di Daniel Gildenlow. “Latericius Valete” e “Omni” sono due pezzi brevi ma di grande intensità: la prima è una triste strumentale acustica, la seconda è la disperata preghiera di una razza giunta alla fine dei suoi giorni, con tanto di organi e partiture tipiche della musica sacra. “Iter Impius” è il grande capolavoro di “BE”, di una bellezza sconvolgente, poesia allo stato puro, che in coppia con la solare “Martius / Nauticus II” (in cui tornano a fare capolino sonorità folk, ricollegandosi agli inizi dell'album) chiude alla grande uno dei dischi più personali e versatili mai usciti in campo Progressive Metal.
La mia impressione è che Gildenlow abbia cercate di dar vita ad una sua personalissima versione di “Jesus Christ Superstar”, che da sempre è una delle sue influenze musicali più importanti, e la grande qualità di questo disco è diretta conseguenza dell'incredibile mole di lavoro che sta dietro a “BE” - un album destinato a dividere in maniera netta i fan della band, tra chi è pronto a seguire i Pain of Salvation in questa nuova avventura musicale, al di là del rock, al di là del metal, al di là di ogni barriera stilistica, e chi invece avrebbe preferito qualcosa di più ortodosso, più in linea col passato della band. Purtroppo “BE” non è un disco riuscito al 100%, perché alcune cadute di ritmo ed un paio di episodi non proprio esaltanti gli impediscono di fregiarsi del titolo di “capolavoro”. Ma per i Pain of Salvation esiste una scala di valori che trascende i numeri reali, e per questo motivo un 8,5 dato ai Gildenlow & Co non è minimamente paragonabile allo stesso voto dato ad un qualsiasi altro gruppo, ma è dovuto principalmente alle enormi capacità di questo gruppo, che in “BE” non sono forse emerse del tutto. Se manca quell'unità e mezzo per arrivare a 10 è solo perché, ne sono certo, il meglio deve ancora venire.

Recensione a cura di Marco 'Lendar' Pessione

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