Siamo al cospetto di un potente gruppo di death metal abbastanza brutale che unisce la sua arte con il mondo sinfonico, con questo non intendo semplici tastierine che mettono una spruzzata gotica qua e là, finta cupezza o un'orchestrina di terz'ordine ma una vera base sinfonica oscura che va ad appesantire ulteriormente i brani, dipingendoli di un nero ancora più nero. I
Diabolical del passato sono stati cancellati da questo nuovo corso intrapreso dalla band che segue le orme di
Ulcerate, Septic Flesh, Nile, Gorguts e abbandona invece il sentiero prettamente svedese e fatto di death/thrash dall'alto tasso tecnico del precedente
The Gallery of Bleeding Art.
Dissonanze, una batteria da contraerea e un bel vocione cavernoso, leggere melodie mai, ripeto, mai banali o sdolcinate, enfatizzate in qualche momento dalla presenza orchestrale che non risulta massiva o inserita a forza nei pezzi ma sapientemente dosata solamente in alcuni passaggi, per sottolinearne l'andamento solenne o evidenziarne sfumature oscure. Alcune volte, come per la devastante
Metamorphosis, sono stati utilizzati cori sgraziati sull'esempio di quanto proposto dai
Nile in diverse loro canzoni.
Oracle, invece, inizia con suspance, in modo lento e sinstro, poi accelera unendo dissonanze a parti orchestrali e furia distruttiva alternata ad assoli, sempre in sintonia col genere perché, seppur in possesso di grande tecnica, i
Diabolical scelgono di utilizzare il loro sapere in modo intelligente, evitando di saturare le frequenze con inutili note. Canzoni che mischiano cattiveria esecutiva a phatos cinematografico ma che mantengono un bel tiro e fanno muovere la testa seguendo il ritmo e, quando poi sembrano chiudersi in relativa tranquillità, ecco che sprigionano una pioggia di coltelli che ci viene incontro a forte velocità
Proseguendo con l'ascolto, anche senza saperlo, sembriamo al cospetto di una sorta di racconto in musica e, pescando poi tra le note informative, scopriamo che gli svedesi hanno costruito una storia con un concept letterario (ideato da
Carl Stjärnlöv) che si sviluppa attorno agli 11 brani di
Neogenesis. Il tema scelto è un'allegra distruzione del mondo che però, per essere degnamente raccontata, richiede una durata del lavoro piuttosto cospicua e, verso la traccia numero 8, comincia a tirare un po' troppo la corda e appaiono leggeri segni di ripetitività. Questo non vuol dire che le canzoni non siano convincenti, tutt'altro i pezzi sono ben costruiti, ottimamente suonati, arrangiati, prodotti e soprattutto hanno feeling e trasmettono emozioni, ma 55 minuti e mezzo di detah metal atmosferico, non dico che stanchino ma difficilmente ti portano a pigiare nuovamente play una volta terminato l'ascolto, almeno in tempri brevi.
Promossa con piacere questa "svolta" sonora dei
Diabolical che nonostante un disco ampiamente sopra la media, sapranno aggiustare ulteriormente il tiro per poi colpire ed affondare il bersaglio grosso.
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