Jack Foster è un giovane cantante e chitarrista americano influenzato dal progressive di scuola europea, rock, musica classica, jazz, blues e country, il caso ha voluto che in suo aiuto accorresse in fase di produzione il "prezzemolino" Trent Gardner ed un altro quasi-mito del prog-aor USA, Robert Berry (al suo attivo una collaborazione mal riuscita nel tentativo di riportare in luce alla fine degli anni '80 il trio ELP col progetto Three e vari lavori di discreto interesse) che di suo ci ha messo gli studi di registrazione e alcune parti strumentali, in più l'artwork "guirassico" è curato da Mattias Noren (Ayreon, Arena).
C'è da dire subito che, nonostante la presenza di Gardner, il "Magellan sound" è ridotto ai minimi termini (non sono mai stato un grande loro fan in quanto ripropongono da sempre gli eccessi, le pomposità e quanto altro di scontato e retorico abbia fatto odiare il prog a molti), "EOJ" è un cd pieno di diversi stili ed alquanto personale (anche se il cantato di Jack non è certo ai livelli di un Neal Morse o Roine Stolt), un perfetto mix tra old e new prog più europeo che USA, in più una spruzzata qua e là di blues, country, jazz, hard rock. "Bohemian soul" mostra già da subito le influenze Flower Kings in primis, con cambi di tempo che spostano il ritmo su territori jazz-prog (Wheather Report) di scuola americana, mentre "Cat's got nine" è intriso di blues, country, rock e violini alla Kansas, mandolini e gorgheggi vocali alla Steve Tyler (c'è anche qualche influenza da "Gallow's pole" dei Led Zeppelin. In "Feel it when I sting" c'è grande melodia e anche qualche "magellanata", ma il brano funziona alla grande, "Tiger bone wine", e ancor meglio "Lucifer's rat" sono puro hard rock anni '70 con grandi riff di chitarra. La prima sarebbe stata perfetta se alla voce ci fosse stato Glenn Hughes, la seconda invece è ricca di cambi di tempo, interventi di sax, parti orchestrali, corali, accelerazioni con tastiere alla Deep Purple e influenze Spock's Beard. "Dream with you" è molto atmosferica alla maniera di Alan Parson dei tempi d'oro, con interventi di violini e pianoforte, si anima nella seconda parte con grandi parti corali in stile hard rock, "Every time you smile" ha un grande intro di tastiere e fa molto "melodic rock Usa", c'è un grandissimo solo centrale di chitarra in stile Santana, il finale strumentale stravolge la melodia precedente con un ritmo serrato e molto accattivante ma mai caotico, ecco il classico brano di lunga durata (14 minuti) "Nirvana in the notes", che dà modo a Foster di spaziare tra gli stili a lui più cari: si comincia con una parte di solo pianoforte (ricordi di Emerson e Wakeman), poi un cantato a più voci accompagnato da chitarra acustica e piano, divagazioni strumentali jazz (piano, basso e batteria), si arriva quindi al prog più classico, cantato coralmente alla Yes e Spock's Beard, il finale vede ancora protagonista il piano, mentre "The shy ones" è ricca di atmosfere parigine e spagnoleggianti, nel finale interviene anche l'armonica a dare un tocco di "americanità" ad un brano struggente ed emozionale.
Un disco sul quale non ci si può limitare ad un solo ascolto, perfetto e significativo nella ricerca di un suono personale che non rinuncia al passato puntando dritto al presente, piacerà a molti prog fans in cerca di nuovi Spock's Beard e rockettari stanchi delle solite minestre riscaldate.
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