Passa un anno dal loro eponimo esordio e il ritorno discografico dei
Burning Rain, ancora una volta patrocinato dalla nipponica Pony Canyon (anche qui, come per “Burning rain”, seguirà la versione europea dell’album ad opera della Z Records), ce li restituisce “intatti”, per competenza, attitudine e devozione “classica”, eppure anche leggermente “cambiati”, se non altro per una maggiore propensione a quella grondante fisicità che comunque aveva già fatto bella mostra di sé nel potente debutto.
Le sfumature
blues, insomma, si attenuano senza scomparire e fanno di “Pleasure to burn” un disco di fiammeggiante
hard n’ heavy, alimentato anche da tenui bagliori
street e nuovamente marchiato a fuoco da un
vocalist di grande valore e da un chitarrista dall’inappuntabile arsenale espressivo, tra
killer riffs,
solos ispirati e una spiccata sensibilità esecutiva.
Ad essere completamente sincero e se la memoria non m’inganna (l’età è ormai quella che è …), ai tempi della sua prima uscita, lo trovai meno efficace del suo predecessore, ma riscoprirlo oggi, grazie a questa ristampa arricchita della Frontiers, mi fornisce l’occasione di emendare questa valutazione e riconoscere al platter tutte le caratteristiche tipiche di un ascolto di notevole appagamento emotivo.
Forza espressiva,
feeling e il “calor bianco” di una formula musicale che attinge dalla “tradizione” senza eccessi di manierismo accompagneranno chiunque voglia concedere una
chance alla brillante storia di un gruppo davvero meritevole il quale, tra l’altro, non si bea solo del suo “passato”, ricostituendosi per sfidare, con il nuovo “Epic obsession” (e ne riparleremo …), una scena musicale sempre più convulsa e superficiale.
Tornando al soggetto della disamina e alle sue specifiche peculiarità, citiamo immediatamente il “tiro” di “Fireball”, seguito dal tocco
sleaze di “Love emotion”, "Love de jour” (non lontano dai The Cult, anche per il cantato Astbury-
esque di St. John), “Metal superman” e "Devil money”, mentre appaiono addirittura più intriganti il fraseggio serrato e l’andamento battente di “Stone cold n' crazy” (degno di certi Badlands, per intenderci …), le
serpentesche “Shot down” e "Sex machine” e ancora la melodrammatica "Judgement day”, che coniuga splendidamente House Of Lords (con cui Doug collaborò ai tempi di “Sahara” … è bene ricordarlo …) e Led Zeppelin.
“Cherie don't break my heart”, infine, è una vibrante ballata notturna (presente anche in una riuscita trascrizione acustica, costituendo, assieme all’adrenalinico inedito dimostrativo alla Mr. Big “Live for that rush”, le
bonus-tracks di questa riedizione …) d’ispirazione ancora una volta Whitesnake-
iana e la leggiadra “Faithfully yours” ammicca a soluzioni melodiche maggiormente “commerciali”, mantenendo altresì il “contegno” richiesto ad una formazione di personalità.
Dopo “Pleasure to burn” Doug Aldrich approderà alla band di Dio per poi accrescere ulteriormente la propria fama con i maestri Whitesnake e Keith St. John aderirà all’effimera (purtroppo …)
reunion dei Montrose … recuperare questo lavoro (e quello precedente …) è doveroso per la qualità intrinseca del prodotto e, come anticipato, per “predisporsi” al meglio per la
rentrée dei Burning Rain … “qualcosa” mi dice che c’è ancora tanta “magia” da queste parti …
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