Che cosa abbia portato gli
Shining, quelli norvegesi, a diventare una band di metal estremo d'avanguardia partendo dal jazz acustico degli esordi, è un mistero che resta gelosamente custodito nella mente del leader e polistrumentista
Munkeby.
Fatto sta che il precendete
"Blackjazz", album del 2010, era stato una boccata di aria fresca nel panorama della musica di avanguardia nonchè una delle cose migliori uscite dalla Norvegia negli ultimi anni.
Adesso i folli norvegesi ci riprovano con il nuovissimo
"One, One, One" che riprende il discorso interrotto con il lavoro precedente incanalandolo, tuttavia, in un ambito più immediato e più "semplice".
Se da un lato, infatti, il mix di free jazz, elettronica, progressive, black metal resta intatto, dall'altro il gruppo scrive pezzi molto più diretti ed easy listening rispetto al passato.
Intendiamoci bene: l'ascolto di questo lavoro vi farà comunque venire il mal di testa dal momento che siamo di fronte ad una proposta sbilenca ed estremamente non convenzionale, ma questa volta gli
Shining, non potendo contare sul fattore sorpresa, si sono affidati alla loro classe ed esperienza per comporre un disco, diciamo, di maniera ma capace, in ogni caso, di essere sperimentale nella sua semplicità.
Per dirla tutta l'album non raggiunge i vertici del suo predecessore e alla lunga tende a stancare per una certa omogeneità di base nelle composizioni, ma è anche vero che determinate apertura di jazz impazzito, ritornelli efficacissimi, sapienti intrecci di chitarra ed idee assolutamenti destabilizzanti come quelle contenute nella bellissima
"My Dying Drive", brano che unisce
N.I.N., metal estremo ed improvvisazione in modo eccellente, rendono comunque
"One, One, One" un prodotto sopra la media da non trascurare.
Qui, in sintesi estrema, troverete follia, violenza, irreverenza e immediatezza.
Non troverete un capolavoro e nemmeno un disco imperdibile, ma un album di buon valore che farà contenti quelli tra voi più inclini alle traiettorie oblique.
Piacevolmente pazzi.