Il primo impatto non è dei migliori, e non mi riferisco alla solita inutile intro, quanto alla successiva "Gloryful’s Tale" che si ritrova subito a riecheggiare i Manowar più battaglieri, con i
Gloryful che poi ci ricascano spesso, come su "Fist of Steel" o "Death of the First Earth", optando per brani che puntano sull'impatto frontale e dai cori coinvolgenti, ma non brillano certo per originalità, non sostenuti nemmeno dal cantato di Johnny la Bomba, al massimo un lontanissimo
parente di Eric Adams.
Devo comunque ammettere che con gli ascolti l'impressione sulla prova del loro cantante è andata via via migliorando, anche se su "Evil Oath" pretende un po' troppo dalla sua voce, mentre non sfigura alla prova dell'acustica "Chased in Fate", una ballad che però già di suo non brilla certo per fantasia, tornando a riciclare idee dai
soliti Manowar e dagli Hammerfall più melensi. E restando sempre nel campo delle citazioni, si potrebbe azzardare che la titletrack, "The Warrior's Code", peschi a piene mani dai Maiden, un po' da "Be Quick or Be Dead" ed un
pochetto da "Brave New World", condendo poi il tutto con un approccio spiccatamente teutonico.
Se un songwriting fin troppo derivativo ed a
macchia di leopardo rimane il principale limite dei Gloryful e di questo loro esordio sulla lunga distanza, è innegabile che le chitarre di Jens "Shredmaster JB" Basten (anche nei Night In Gales) e Vito Papotto sappiano il fatto loro e si propongano con gusto ed efficacia, grazie anche ad un’ottima resa sonora, peraltro auspicabile, dato che l'album è stato prodotto da Swanö Dan.
Ma tutto questo non basta ancora a fare la differenza.
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