Siamo abituati a leggere su ogni sorta di manufatto la dicitura "Made in Taiwan", di sicuro non all'interno di un cd metal. Invece questi
Chthonic sono una sorta di divinità in patria per quanto riguarda il symphonic black metal.
Attivi dal 1995 e giunti al settimo album, la band taiwanese ci propone un disco infarcito in egual misura di black metal melodico, modern thrash e sapori folkloristici del proprio paese.
Che cosa aspettarsi dunque? Beh, dopo l'intro strumentale dal forte sapore etnico, veniamo catapultati in Asia dove c'è un gruppo sul palco che deve essere cresciuto a pane e Dimmu Borgir con contorno di Unearth e Lamb of god. Sta di fatto che questi veterani asiatici ci rifilano nell'arco di 10 brani, una convincente scarica metal a tratti esaltante, a volte evocativa, ma spesso convincente.
Molti pezzi hanno una struttura simile, ovvero un assalto iniziale giocato su tempi veloci poi un leggero rallentamento, sostenuto da una doppia cassa furiosa, in cui i nostri si prodigano in melodie e cori dal sapore molto epicheggiante. Le voci nel gruppo sono due, parecchio effettate, che alternano uno screaming ad un growl, più qualche sporadica apparizione di vocals femminili in lingua madre, merito della bassista
Doris Yeh. Anche le tastiere giocano un ruolo importante, in alcuni pezzi sanno di Summoning mentre in altri accompagnano solamente le canzoni restando in secondo piano. Buono anche l'operato delle chitarre, che tra un riff thrash e uno black, trovano lo spazio per infarcire i brani di solos melodici e ricercati. Un altro strumento che ai Chthonic piace usare per impregnare le canzoni di sapori della loro terra è l'erhu, una sorta di violino orientale composto da sole due corde ma molto d’effetto.
La maggiore novità di questa uscita rispetto alla loro passata produzione è una marcata influenza thrash metal, con riff moderni di scuola americana che sono spesso coinvolgenti, ben eseguiti e portano un po' di varietà all'interno della canonica proposta symphonic black. I temi trattati nei brani alternano liriche su fatti attuali, in cui è forte l'identità indipendentista di Taiwan (ad opera del singer
Freddy Lim, anche esponente dell'associazione taiwanese per i diritti umani) e racconti antichi che vertono sulla mitologia del loro Paese.
Non è che siano chissà quale speranza per il domani, ma sicuramente
“Bù-Tik” è un prodotto godibile che può far passare una quarantina di minuti scapocciando furiosamente con odore di involtini primavera in sottofondo.
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