Ad un primo ascolto del loro disco di debutto, i senesi
My Tin Apple potrebbero tranquillamente essere scambiati per scandinavi o forse per britannici, e questo se da un lato identifica l’assoluto carattere internazionale del progetto, dall’altro rischia di farli confondere nel marasma di cloni di HIM, To/Die/For, Katatonia e (magari pure) Anathema che affollano (e hanno affollato) l’ammaliante e convulso mondo delle sette note in salsa malinconica.
La verità è che, nonostante una “mappa genetica” che attinge effettivamente da quelle suggestioni
cromo-soniche (complici anche le vaghe inflessioni Valo-
esque presenti nel fascinoso cantato di Gianluca Gabriele), la proposta dei toscani non abusa mai di tale influenza, tentando una propria via all’interno dei meandri fin troppo codificati del
goth-rock.
Ne scaturisce un lavoro delicato e potente, alimentato da un suggestivo e surreale immaginario Carroll / Burton-
iano, in cui trovano spazio contemporaneamente squarci metallici ed aggressivi (del resto alcuni dei membri della
band hanno un passato in campo
death-thrash sotto la denominazione Overfaith …), retaggi
synth-wave e dosi imponenti di melodie intense e inquiete, sicuramente
catchy e adescanti, e tuttavia attente a non oltrepassare i limiti dello stucchevole.
Che cosa manca, dunque, al “tin rock” (come amano definirlo i loro autori …) di “The crow's lullaby”, per conquistare gli astanti ed emergere risolutamente dal magmatico
underground del terzo millennio?
Un pizzico di attenzione supplementare da parte del pubblico, che solo così potrà veramente entrare in sintonia, con mente e sensi, col fiabesco e conturbante universo evocato dai suoi contenuti, e un ulteriore incremento di personalità e una maggiore versatilità espressiva da parte dei My Tin Apple, che solamente in questo modo potranno distinguersi ancor di più dalla “massa” e scacciare quel senso di eccessiva uniformità che aleggia nelle loro composizioni attuali.
Se per quanto riguarda il primo aspetto è difficile fare “pronostici”, per tutto il resto nutro una discreta fiducia, dacché ritengo "Here” (dopo la maliosa e inquietante litania della
title-track), “Snow white”, “I have seen a lie” (ottimo singolo e bello anche il relativo
video-clip …), “Drama” (una piccola perla …), “Dalì”, "Alice” e l’acustica “Sequoia”, momenti di notevole impatto emotivo (tra
pathos esistenziale, estasi catartica e palpabile tensione), mentre anche il resto del programma si attesta su livelli ben più che dignitosi, colpevole di sfruttare, come anticipato, probabilmente solo un po’ troppo il medesimo canovaccio sonoro.
Alla luce dei fatti ritengo che dare una
chance di “crescita” ai My Tin Apple sia assolutamente doveroso e produttivo e questo si può realizzare unicamente attraverso il vostro supporto, che sono sicuro non mancherete di concedere dopo un’attenta esplorazione di questo promettente lavoro.
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