Album d’esordio per i
Lycus, quartetto di Oakland, California. Il campo d’azione è un experimental funeral doom, sottogenere che comincia ad avere una propria scena underground.
Tre soli brani, ma lunghissimi. Passaggi ambientali, pulsazioni drone, brevi stralci black metal, in un disco che privilegia sempre l’atmosfera tetra e decadente. La voce è una presenza in sottofondo, talvolta cupo growl e talvolta pervasa da sacralità quasi monastica. Il pezzo di punta è la title-track, monumentale costruzione sonora di venti minuti, dove l’immersione nel magma funereo è totale. Rispetto ad altri protagonisti del genere, vedi Bong, The Body e Samothrace, è assente qualsiasi sprazzo di energia, perché le cadenze lumachesche e l’impianto lugubre della band non prevede altra vibrazione di quelle mesmeriche ed apocalittiche.
Lavoro di nicchia estrema, che nel complesso sembra meno ispirato e flessibile rispetto a quelli delle formazioni citate prima.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?