Questa band polacca, di Cracovia, giunta al secondo capitolo discografico, cerca forse di crearsi un alone di mistero, visto che ha celato perfino le informazioni sui componenti della line-up. Forse il nostro mitico vicedirettore (ora anche organizzatore di cene e bagordi…nda) riuscirà a scovare qualcosa nei meandri della rete, ma una raffica di impronunciabili cognomi polacchi tutto sommato incidono poco sulla sostanza. Meglio dire che gli Evangelist propongono un dark/funeral doom fortemente debitore ai vecchi Candlemass di “Epicus, doomicus, metallicus”, ai primi Cathedral e soprattutto ai Solitude Aeturnus di Rob Lowe (grandissimo vocalist, ma che un noto redattore torinese ritiene mediocre, per non dire scarsino. Gente capace pure di risentirsi quando gli dico che hanno le orecchie di legno!…nda).
Il disco si compone di cinque lunghe canzoni, lente e sofferte, gravide di disperazione e di vibrazioni epiche. Tra i nomi più recenti, è molto marcata la somiglianza con i Procession, sia nello sviluppo dei brani che nell’impostazione vocale. Belli anche alcuni assoli, come quello di “Deadspeak” forse la traccia maggiormente ispirata.
Se sotto l’aspetto musicale i polacchi scarseggiano in personalità, per quanto riguarda le liriche vanno decisamente controcorrente. I temi trattati variano dall’orrorifico al biblico ma di matrice cristiana, cosa non sorprendente vista la città natale della formazione. Altro brano interessante è “Militis fidelis deus”, doom song lunghissima e pachidermica ispirata alla Prima Crociata ed ai suoi cavalieri, con atmosfera molto gloriosa e mistica.
Nell’insieme non è un brutto lavoro, anche se l’originalità è davvero a livelli di guardia. Se vi piace questo tipo di impostazione, dategli fiducia.