“Qvod est Inferivs est sicvt qvod est Svperivs,
et qvod est Svperivs est sicvt qvod est Inferivs,
ad perpetranda Miracvla Rei Univs.
Et sicvt res omnes fvervnt ab Uno, meditatione univs”
Il terzo full-lengh di
Legionarii si apre con una citazione tratta dalla
tavola smeraldina di
Ermete Trismegisto, il tre volte grandissimo, fondatore della
filosofia ermetica.
La citazione ci porta subito nel mood del nuovo “
Disciples Of The State”, disco che idealmente chiude la trilogia iniziata con “
Europa Rex”, disco che rappresentava il risveglio dello spirito europeo, e proseguita con “
Iron Legion”, disco che portava il suddetto spirito sui campi di battaglia per la sua liberazione e la riaffermazione della Tradizione a scapito dell’annientamento della concupiscente modernità.
Adesso la guerra è finita e ha prodotto un nuovo ordine geopolitico, un ordine mondiale nel quale operano un gruppo di illuminati, i Disciples del titolo, un gruppo di 12 sapienti che hanno accesso alla conoscenza occulta e che sono al servizio dell’unica istituzione, il The State, che tutto conosce, tutto osserva, e tutto decide. Una dittatura illuminata.
Legionarii, nella rilettura dei classici di
George Orwell, “
1984”, e
Aldous Huxley, “
Il mondo nuovo”, compie il suo capolavoro. Capolavoro che non è meramente lirico o iconografico, ma anche e soprattutto musicale. Come avevo auspicato ai tempi del debutto, il nostro ha finalmente incorporato nella sua musica elementi classici e sinfonici, mischiandoli con le strutture ambient industrial marziali che l’hanno portato alla ribalta.
È non è un caso che l’iniziale “
Enter The Global Union” si apra con la “
Cavalcata delle Valchirie” di Wagner, e non è un caso che
Richard Wagner fosse idolatrato da
Adolf Hitler, ritenendo la sua musica come l’incarnazione del vero spirito germanico e della teutonica volontà di potenza, e quindi la colonna sonora del Nazionalsocialismo.
Ecco,
Legionarii mette in scena un disco che è al tempo stesso marziale, epico, magniloquente, monumentale. Una vera e propria sinfonia nella quale reminiscenze wagneriane e musica classica si fondono con il freddo rumore dei beat industriali, imbevuti di atmosfere raggelanti e marziali.
Insostenibili crescendo di cori vengono disturbati da discorsi propagandistici, partiture liriche esaltano sferraglianti marce militari, dipingendo un mondo senza speranza, un mondo dove la libertà è posticcia, legata ad invisibili catene che danno una pallida illusione di autodeterminazione.
Non ha senso citare un pezzo anziché un altro, questo disco è omogeneo, quasi fosse una colonna sonora, e, ritornando alla citazione iniziale, tutte le cose sono una e vengono ricondotte a una.
Legionarii mostra ancora una volta la sua bravura e capacità di saper rileggere la storia, fonderla con la fantasia, lasciare sul campo tracce che il lettore si divertirà a raccogliere per poterle approfondire, fornendo spunti e suggestioni, alle quali regala una colonna sonora di prim’ordine.