In tempi di esasperata inflazione discografica, diventa sempre più arduo farsi notare, ed ecco perché questa, piuttosto che una
semplice recensione, vorrebbe essere una sorta di “appello” indirizzato a tutti gli appassionati di
hard melodico all’ascolto … non ignorate questi sloveni
Stone Orange, artefici di uno dei lavori maggiormente “sorprendenti” del 2013 fin qui trascorso.
La loro provenienza geografica contribuisce “fatalmente” allo stupore, ma quello che impressiona veramente è la qualità tecnico-compositiva e la disinvoltura con cui il quartetto di Lubiana affronta una materia tanto rigorosa e codificata, conquistando l’astante con una freschezza rara, non lontana dalle migliori rivelazioni del genere.
Alimentati dalla tradizione stilistica statunitense e ancor di più dalla sua trascrizione scandinava, i nostri confezionano undici gioiellini di melodia e vitalità, ostentando una costanza e una consistenza espressive francamente impreviste, nonostante una certa esperienza (anno di fondazione del gruppo 2003) evidentemente propedeutica al lusinghiero risultato.
“The dreamcatcher” si rivela, così, come un prezioso esempio di focalizzazione melodica, un misto sagace di energia e sensibilità, “classico” eppure privo di retorica, in cui il virtuosismo dei singoli è sacrificato sull’altare “superiore” dell’affiatamento e della visione complessiva.
L’esuberanza di “Broken man” è un bel modo per aprire il programma, e tuttavia sono le brillanti costruzioni compositive e le impennate armoniche di “I am (whatever)”, "Lovetron” e "Whites of their eyes” (seppur non completamente convincente …), il
feeling avvolgente e coinvolgente di "Pride and pain”, "Scare me” e "Nobody cares”, assieme alle intense vibrazioni emozionali di “It keeps on raining” e “The age of stars” a produrre le dosi maggiori di dopamina, mentre all’energia di “Rockin' & rollin'” viene affidato il compito non meno nobile di contagiare all’istante, con la semplicità di una “bella canzone”.
Per ambire veramente ad un “posto al sole” nel
gotha del settore agli Stone Orange mancano solo un pizzico addizionale di personalità e tanta fortuna, a cui aggiungere quell’attenzione da parte degli
aficionados melodici che meritano assolutamente e che spero in qualche modo di aver contribuito a stimolare.
L’ultima notazione è riservata alla splendida copertina, il tipico valore aggiunto di un ottimo lavoro.
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