Copertina 7

Info

Anno di uscita:2013
Durata:50 min.
Etichetta:Off Yer Rocka Recordings

Tracklist

  1. TOO MUCH OF A GOOD THING
  2. CHAIN SMOKIN’
  3. TALK OF THE TOWN
  4. MOTHER MARY
  5. KING OF FOOLS
  6. HOMEWRECKERS AND HEARTBREAKERS
  7. DIAMONDS AND DIRTY STONES
  8. BEAUTIFUL CURSE
  9. DON’T FIGHT IT
  10. FOR CRYING OUT LOUD
  11. TWENTY SEVEN YEARS
  12. I DIED LAUGHING

Line up

  • Spike: vocals
  • Guy Griffin: guitar
  • Paul Guerin: guitar
  • Keith Weir: keyboards
  • Dave Boyce: bass
  • Matt Goom: drums

Voto medio utenti

Correva l’anno 1990 quando penso di aver ascoltato uno degli album più belli di sempre, ovvero il debut degli inglesi The Quireboys, capitanata dall’istrionico Spike, che non a caso raggiunse il numero 2 in Inghilterra, ma che ben presto finì vittima dell’esplosione del fenomeno grunge.
Una prolificità ritrovata (quarto album in sei anni) per Spike e soci (ridotti ormai ad un quartetto dopo la dipartita della sezione ritmica), che ritroviamo in questo 2013 con “Beautiful Curse”, album che non sposta di una virgola il sound dei nostri. Dodici tracce di puro rock’n’roll, sanguigno, ruvido ma allo stesso tempo melodico, che farà saltare dalla sedia anche l’ascoltatore più tranquillo. “The beautiful curse” non inventa nulla di nuovo, non trasforma il sound di Spike e co. (da qualche parte ho letto che non si può insegnare a un vecchio cane dei nuovi giochini…), ma regala sicuramente una 50ina di minuti di grande intensità.
Avvio in sordina con l’arpeggio di “Too much of a good thing”, che subito ci fa capire che 30 anni non sono bastati a modificare l’approccio e lo stile gypsy di Spike e soci, e un chorus coinvolgente ci farà cantare a squarciagola questo bellissimo pezzo di puro rock’n’roll. Interessante “Talk of the town”, una sorta di The Quireboys meets The Eagles, un pezzo molto easy, spensierato, arioso, dalle influenze country. “Mother Mary” pesca nel repertorio più vecchio della band, “Homewreckers and Heartbreakers” (curiosamente è anche il nome del penultimo lavoro della band) è uno dei pezzi forti dell’album, con il piano, l’hammond e le slide guitars in evidenza. Da segnalare la malinconica “Don’t fight it”, ballad forse un po’ troppo negli schemi, ma di sicuro effetto, e la conclusiva “I died laughing”, pezzo spensierato, divertente, che lascia un’impronta positiva su un album che è proprio ciò che ci si aspetta da Spike.
Poco da aggiungere: chi già conosce i Quireboys, e li ha sempre amati, non potrà fare diversamente con questo “The beautiful curse”. Se invece vi aspettavate qualcosa di nuovo sotto l’ombrellone, rimarrete delusi. Ma, almeno secondo il mio onesto parere, il compito e l’obiettivo di band come i Quireboys, sono di divertire, divertirsi e fare casino, magari sempre alla stessa maniera, e poiché lo sanno fare bene, perché cambiare? E quindi, su il volume e cantare a squarciagola.
Recensione a cura di Marco Angiaz Angileri

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