E bravi
Lord Vampyr! Il sestetto nostrano, dopo quattro full length in grado di alternare ingenuità a spunti più che buoni, giunge alla maturazione definitiva. I nostri, capitanati ovviamente dall’immarcescibile Alessandro, hanno ormai conseguito una invidiabile conoscenza della materia trattata, piegando il gothic/symphonic black metal alla loro crudele volontà. Ciò permette all’ultimo Gothika, Vampyrika, Erethika di mantenersi nel solco della passata produzione, sublimando tuttavia le propensioni metalliche a scapito delle tentazioni elettroniche presenti nel precedente Horror Masterpiece.
Tale accorgimento stilistico, se da un lato ha avvicinato sensibilmente il sound del combo italico a quello dei Cradle of Filth (periodo From the Cradle to Enslave o giù di lì), dall’altro ha condotto alla creazione di un lavoro meglio strutturato e arrangiato rispetto al recente passato. Un lavoro che, a mio avviso, merita la palma di miglior album mai partorito dai Lord Vampyr. Non stiamo trattando di un’opera che possa scuotere le fondamenta del metal tricolore o ridefinire un genere ormai poggiato su stilemi compositivi prevedibili (e sull’orlo della consunzione, oserei aggiungere), ma di un dischetto comunque godibile e competente.
Si parte subito forte con Theda Bara, il cui ritmo marziale non riesce ad arginare l’atmosfera erotico-decadente che i nostri han sempre dimostrato di saper evocare.
La successiva Lamia accentua ulteriormente la componente melodica; il feeling lascivo che permea il pezzo mi ha ricordato i Death SS della splendida Scarlet Woman. Avveduta la decisione di scegliere il citato brano come primo singolo.
In realtà, nemmeno la successiva title-track avrebbe sfigurato nel ruolo di teaser di Gothika, Vampyrika, Erethika, grazie all’anima catchy e al contagioso giro di keyboards.
L’album, più in generale, scorre in maniera sempre gradevole, alternando con sapienza parti violente a digressioni goticheggianti di facile presa. Particolarmente equilibrate, in tal senso, paiono Till Dawn e Kingdom of Fear, mentre la prima parte di The Night Chronicles indugia con profitto nel black metal melodico più ortodosso.
Dopo la cover degli A-ha del precedente platter, i nostri succhia-plasma optano qui per un altro classicone pop anni ’80: si tratta di It’s a Sin dei Pet Shop Boys (già ripescata in passato dai Gamma Ray). Ammetto senza imbarazzi di adorare le versioni originali di entrambi i brani, quindi posso affermare a ragion veduta che quest’ultima reinterpretazione vince a mani basse su quella di Take On Me.
Volendo spendere due parole con riguardo alle (poche) perplessità che l’ascolto dell’album mi ha suggerito, segnalo che continuo a udire qualche piccola sbavatura nelle parti vocali in clean, peraltro troppo esposte nel mixing rispetto al tessuto strumentale. Oltre a ciò, ho trovato poco ispirata The Ghost, così come reputo The Night Chronicles pt. 2 meno coinvolgente della sopra citata sorellina.
Ad ogni modo, resto convinto che il nuovo lavoro dei Lord Vampyr abbia tutto ciò che serve per appagare la sanguinolenta fanbase e, perché no, per allargarla.
Lasciatevi mordere sul collo.
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