Copertina 8

Info

Anno di uscita:2012
Durata:47 min.
Etichetta:Inverse Records

Tracklist

  1. SKYGODS
  2. SALOMONTAARI
  3. LATITUDE
  4. KNEE HIGH
  5. AQUA HIATUS
  6. CYBERPRICK
  7. NEMESIS
  8. PILGRIMAGE

Line up

  • Jaakko Heinonen - vocals
  • Saku Hakuli - guitar
  • Pasi Hakuli - bass
  • Lauri Pikka - drums

Voto medio utenti

Puro doom marcio, visionario, imbastardito con sludge e blues ma con una classe davvero notevole. Questo in estrema sintesi il suono che ci propongono i finlandesi Demonic Death Judge, arrivati al secondo lavoro dopo due anni dal precedente The Descent.

Nessuna rivoluzione musicale per il nuovo Skygods ma la naturale prosecuzione dell'ottimo esordio, solamente con una vena sabbathiana ancora più in evidenza. I riff sono infatti lenti, pesanti, grossi e vengono ripetuti senza mai stancare, integrati da giri di basso ipnotici che richiamano fortemente lo stile del Sig. Geezer. Anche il lato psichedelico ha una bella rilevanza nel loro suono, con effetti "allucinogeni" applicati sia alla chitarra sia al basso, il tutto immerso in un grosso groove. Questi tempi medi o lenti sono scanditi da una solida batteria con un sound molto settantiano, un tocco deciso, ed uno stile blues nel tenre il tempo con grande utilizzo di piatti.
Ci si scorda subito di quanto sia marcia e malata la voce di derivazione black metal, perché è perfettamente integrata col putridume sonoro, e questa non è mai troppo alta nel mix ma spesso lontana o allo stesso livello degli altri strumenti. L'utilizzo di questo tipo di cantato è un ulteriore tratto distintivo che permette di identificare agevolmente la band tra altre che si cimentano nello stesso campo.

Le canzoni hanno una struttura simile tra loro, con una durata media di 6 minuti (con la finale Pilgrimage da 10 minuti) ma riescono a tenere vivo l'ascolto, questo grazie al grande feeling che i finlandesi sanno buttare nei loro brani bilanciando l'incedere monolitico dei riff con arpeggi sognanti, effetti flanger, wah wah e brevi assoli sporchi di jazz e blues. Non so che scalatura utilizzino ma penso suonino una chitarra che al posto delle corde ha funi da traino tanto il suono è spesso, denso di bassi e che cresce riempiendo la stanza, seppellendo quelle urla lontane così atrocemente agonizzanti.

Una band che riesce ad integrare tanti elementi diversi, unendoli in una chiave personale e profonda, pronta per fare viaggiare la vostra mente.
Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 29 ago 2013 alle 11:32

Non vedevo l'ora di leggere la recensione. Un album bellissimo.

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