Ho sempre nutrito una profonda ammirazione per i gruppi che scelgono di dedicarsi al doom metal, genere meraviglioso quanto umbratile, refrattario al riconoscimento commerciale e schivo alle luci della ribalta.
Per cui, quando capita l’occasione, sono ben lieto di segnalarvi l’esistenza di alcune piccole band che difficilmente riusciranno ad emergere dal circuito underground, ma che al tempo stesso meritano ben più attenzione di tanti gruppi blasonati. Gli sconosciuti (almeno al sottoscritto prima di affrontare questa recensione)
Agnes Vein rientrano senza dubbio nel virtuoso novero…
Un minimo di contestualizzazione: il gruppo che ha partorito questo
Soulship proviene dalla Grecia ed è nato nel 2001, anche se per raggiungere l’obiettivo del primo full lenght ha dovuto attendere non poco (
Duality risale infatti al 2010). Una lunga e sana gavetta quindi, che male non fa.
Purtroppo non so dire se il sound che ho potuto ammirare nella loro ultima fatica sia frutto di una costante maturazione o se, al contrario, suonassero in modo così convincente e personale già ai tempi del primo EP (
Of Chaos and Law, 2003), ma di certo gli
Agnes Vein versione 2013 sono una realtà di tutto rispetto.
Discutevamo di doom, e in effetti ci muoviamo indubbiamente in quei territori: un doom minaccioso, moderno e mai giocato su ritmi eccessivamente lenti quello dei nostri, i quali decidono altresì di imbastardire le composizioni con perniciose bordate del black metal più grezzo (come nella scheggia impazzita
Chaos Cauldron e nella conclusiva
Bloodfiend). Le stesse vocals del bravo singer (e chitarrista)
Sakis, talvolta liquide e ricche di riverbero, talaltra taglienti come solo lo screaming sa essere, contribuiscono a forgiare un sound malevolo e oscuro (ben rappresentato dall’enigmatico artwork: io credevo si trattasse di una corteccia d’albero, ma in giro per il web c’è chi suggerisce l’ipotesi della pelle di elefante…). Magistrale la sezione ritmica, le cui vibranti scorribande vengono per di più esaltate da una produzione monstre, in grado di donare alle composizioni la profondità e la pesantezza di cui avevano bisogno.
A proposito di composizioni: premesso che non ho rinvenuto alcun tipo di filler (complice anche l’avveduta scelta di limitarsi a 6 pezzi per nemmeno 40 minuti complessivi di durata), segnalo che il songwriting degli ellenici mi ha convinto in pieno, grazie a brani elaborati e cangianti, pur nell’assoluta cupezza di fondo; non posso comunque esimermi dal citare la mistica title-track e la sinistra
March of the Netherworld quali brani più rappresentativi.
Vi invito, qualora decideste di concedere una chance agli
Agnes Vein, a non accontentarvi di un fugace assaggio:
Soulship è un disco complesso, che necessita di attenzione e pazienza. L’ho sperimentato in prima persona, vedendomi costretto più volte a rivedere il giudizio: dopo due ascolti il mio voto si assestava su un 6,5; al terzo mi son deciso a concedere un 7 abbondante; un altro paio di attenti passaggi in cuffia mi hanno condotto al definitivo 7,5 (ho flirtato con l’idea dell’8, ma per quella che è la mia abituale scala di giudizi sarebbe stato eccessivo).
Sorvolando sugli sterili riscontri numerici, insisto nel perorare la causa degli
Agnes Vein, che ci hanno donato un lavoro coi fiocchi, seppur presumibilmente incapace di fare il botto (che schifo di espressione!) a livello discografico. Ma se si suona doom nel 2013 (e in Grecia) questo aspetto lo si mette in preventivo…