Talvolta, quando ti accingi a posar l’orecchio sulla nuova fatica di una band che hai imparato ad amare, speri in una evoluzione che possa stupirti, conducendoti laddove non avresti mai immaginato; talvolta, invece, speri solo che ogni cosa rimanga intatta, inalterata, così com’era. In questo caso, avrei pigiato senza tentennamenti il pulsante B e, per fortuna, avrei compiuto la scelta giusta.
Piccolo antefatto: il precedente (nonché primo) album di
Vàli, intitolato
Forlatt, è un’autentica gemma nascosta, uno di quei platter in grado di donare continue emozioni, anche a distanza di anni. E di anni, in effetti, ne son passati eccome, visto che il disco risale addirittura al 2004. Anche in considerazione della lunga pausa intercorsa tra i due lavori, si poteva ragionevolmente temere che la magia del debut si fosse smarrita chissà dove. Invece, posso annunciare con sommo gaudio che la one-man band norvegese non ha perso un’oncia dell’ispirazione e del lirismo di un tempo.
Come già anticipato, in
Skogslandskap (nome piuttosto arduo da pronunciare, se mi è concesso) il folk dei
Vàli è rimasto quello di un tempo. Folk che, per chi non li conoscesse (la maggior parte dei lettori, temo), è semplicissimo descrivere: niente vocals, niente percussioni, niente suoni ambientali, niente che non sia una chitarra accompagnata da strumenti come pianoforte, archi o flauto.
Appare senza dubbio più complesso esprimere a parole le sensazioni che le composizioni suscitano. Non aiuterebbe soffermarsi sulla disamina di singoli brani (anche se
Himmelens Groenne Arr è da brividi): un album del genere implora letteralmente di essere ascoltato tutto d’un fiato. Per la cronaca, stiamo discutendo di 15 pezzi brevi e tutt’altro che intricati (a livello di struttura, poiché sotto il profilo puramente chitarristico si possono notare svariati passaggi complessi quanto pregevoli); in questo
Skogslandskap la bellezza risiede proprio nella semplicità, nelle stupende melodie, imbevute di una malinconia senza tempo, e nella sconfinata carica evocativa.
Ascoltandolo ad occhi chiusi vi ritroverete, senza nemmeno accorgervene, nel bel mezzo di un bosco, intenti a rimirare l’impenetrabile beltà della natura. Una passeggiata di tre quarti d’ora che vi rinfrancherà l’anima.
Trovo inutile aggiungere altro. L'ultima creatura di
Vàli non avrà niente a che spartire col metal, tuttavia ha molto a che spartire con la buona musica.
La scelta, come sempre, spetta a voi; il mio umile suggerimento, leggendo la recensione e il voto, l’avrete senz’altro intuito.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?