La paraculaggine dei cosiddetti “supergruppi” talvolta stupisce anche i critici più severi e navigati come me. Prendete questi Bloodbath, nati quasi per caso grazie ad un acclamato ep, “Breeding Death” del 2000, e arrivati già al secondo disco e forti, tra gli altri, di Peter Tagtgren alla voce e Dan Swano alla chitarra; non inventano nulla, si limitano a tributare i migliori acts dello Swedish Death Metal e danno alle stampe, col minimo sforzo, il miglior album uscito in Svezia quest’anno per quanto riguarda queste sonorità. Certo il mestiere, l’esperienza e la bravura dei nomi succitati è un elemento portentoso nella stesura del songwriting, ed è sicuro marchio di qualità. Tant’è vero che i punti di forza del disco sono sicuramente il feeling oscuro, certi refrain ossianici che incutono angoscia e irrequietudine, nonché soventi puntate nel death metal americano a tinte brutali. Ciò rende l’album vario e completo, ricco di sfumature e con pochi passaggi a vuoto.
L’unica critica che si potrebbe fare è che in fondo, nel 2004, chi ha bisogno dei Bloodbath? Però ripensando all’enorme mole di schifezze che mi giungono periodicamente dalla Svezia, mi verrebbe da dire che forse i Bloodbath sono l’unica band meritevole di sopravvivere, acquisendo così una loro ragion d’essere. Al grido di “solo chi merita va avanti” promuovo questo “Nightmares Made Flesh” (che titolo banale…) e passo oltre.
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