Gli
Harem Scarem forse sono una delle band più incomprese e sottovalutate di sempre nel panorama melodic: hanno goduto di un successo “commerciale” abbastanza contenuto (ma con critiche sempre favorevolissime), soprattutto in terra italica, nonostante una carriera più che ventennale con dei picchi veramente notevoli (e anche una piccola flessione ad esser onesti, con tanto di cambio monicker): probabilmente
“Mood Swings”, uscito ormai 20 anni fa, è il picco più alto della loro carriera, ma anche gli ultimi lavori (nell’ordine
“Hope”,
“Human Nature” e
“Overload”) si collocano tra i migliori album hard rock del periodo. Esattamente 5 anni dopo la pubblicazione di
“Overload” e al conseguente split (dovuto principalmente all’aumento di progetti e impegni collaterali, tra cui i
First Signal del vocalist
Hess), e 20 anni dopo
"Mood Swing”, gli
Harem Scarem ritornano, si riformano, ri-registrando quel capolavoro che fu, ci aggiungono 3 “succulente” bonus tracks e tornano in tour (anche se con la defezione della sezione ritmica).
Direi che ci sono 3 modi per accogliere questo album:
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chi non conosce gli Harem Scarem, o non conosce l’album: è un album da avere. Punto.chi conosce la band e ha già l’album originale: se per voi è un bel album, ma nulla di più, tenetevi l’originale. chi invece è un Harem Scarem – maniac e adora “Mood Swing”, è un album assolutamente da possedere, per poter apprezzare un disco che già nella versione originale suonava dannatamente fresco e moderno. E aver l’occasione di ascoltare gli inediti presenti.[/LIST]
Le differenze tra la versione originale e il rifacimento sono abbastanza minime: forse un difetto per i più, invece è forse il punto di forza: un sound che risulta ancora attuale 20 anni dopo è qualcosa di assolutamente incredibile.
“Mood swings” (l’originale) suona moderno ancora adesso, “Mood swings II” è semplicemente un miglioramento puramente tecnico, suonato e prodotto in maniera assolutamente perfetta.
Entusiasmo alle stelle con l’opener
“Saviors never cry”, nella quale, oltre ad apprezzare i suoni molto più nitidi e la produzione più moderna, è subito evidente la prestazione MAIUSCOLA di
Hess alla voce, mentre è splendido il solo
Lesperance nella celebre
“No justice”. Ottima la Def Leppardiana
“Stranger than love”, ben più delicata e rotonda nei suoni e nella voce rispetto alla versione originale.
A beneficiare della nuova produzione è
“Jealousy”, con il suo giro funky di chitarra e il ritornello catchy e trascinante, così come è trascinante
“Sentimental Blvd.”, dove questa volta il corista
Darren Smith diventa la voce principale e quasi si diverte a fare il verso a Paul Stanley. E così si continua fino a
“Just like I planned”, splendida ballad che chiude la rivisitazione dei “vecchi” brani, passando per autentiche chicche quali
“Empty promises” o l’intermezzo acustico di
“Mandy”.
Si arriva così agli inediti finali:
“World gone to pieces” è un pezzo che mischia in maniera sapiente un hard rock molto moderno, quasi industrial (oddio, termine da prendere molto con le pinze e in maniera molto ampia) ad un chorus catchy e vicino alle sonorità nineties.
“Anarchy” è il secondo inedito, ed è forse il pezzo (dei tre) che più si avvicina alle sonorità di
“Mood swings”, nonostante una intro vagamente mediorientaleggiante, mentre a chiudere l’album ci pensa
“Brighter day”, la più commerciale della tripletta finale che segna il ritorno di una delle migliori (e delle più sottovalutate) band hard rock dell’ultimo ventennio.
Al di là di ogni considerazione sul fatto di ri-registrare un vecchio album, perché ci sarà sempre chi è a favore, chi contrario, chi ci vede semplicemente della speculazione, etc. si può sicuramente dire che “Mood swings II” ci permettere di riabbracciare e riscoprire una band tra le migliori del panorama melodic.
Come chicca finale, segnalo inoltre che per la prima volta il tour promozionale dell’album toccherà l’Italia per un’unica imperdibile data per tutti i fan dell’hard rock di classe.
Ultima postilla: il disco, fuori dal contesto, meriterebbe 9,5 o forse addirittura 10. Il voto finale è una media tra appunto il voto “originale” e l’ “insoddisfazione” per avere solo una rielaborazione di quello che fu, e non un intero album di inediti.
Non ci resta che augurarsi che questo sia un nuovo punto di partenza per i canadesi.