Sono anni prolifici per il doom e lo stoner con un sacco di gruppi in gamba che spuntano come funghi (in questo caso allucinogeni) dal sottobosco musicale. Il viaggio che vi propongo oggi è più impegnativo e lungo di un'escursione in una palude o l'attraversamento di un campo di fango, con gli
Obelyskkh c'è da preparare le provviste, il sacco a pelo e partire per un lungo percorso musicale nel quale c'è il rischio di perdersi. Se siete appassionati di questo "sport" vi divertirete parecchio e vorrete ripetere più volte l'esperienza, mentre se siete nuovi è facile che gettiate la spugna dopo poco in favore di una più sbrigativa partitella tra amici. Non c'è nessun Sergente Maggiore Hartman a rimproverarvi.
Il quartetto tedesco fondato nel 2008 arriva oggi alla pubblicazione del terzo album (in altrettanti anni) dal titolo
Hymn to Pan che, come facile intuire dal titolo e dalla copertina, è dedicato all'esaltazione del dio greco Pan. Questa divinità, metà uomo e metà caprone, non viveva sull'Olimpo ma nelle campagne, era infatti un dio terreno amante delle selve e delle montagne, ma soprattutto dei piaceri della carne, sempre alla ricerca di donne o uomini da possedere nonché dedito a pratiche onanistiche.
Non c'è che dire, un bel soggetto per le liriche degli
Obelyskkh!
Il gruppo ci racconta le gesta di questo dio attraverso sei canzoni, per un minutaggio complessivo abbondantemente sopra all'ora, una durata media attorno ai nove minuti ed una conclusiva
Revelation: The Will to Nothingness che sfiora i 23 minuti!
Come detto ci imbarchiamo in un lungo viaggio, fatto di momenti psichedelici che a volte sfociano nell'ambient per poi tramutarsi in rocciosi brani stoner che diventano cadenzati rallentando fino al doom. Questi quattro ragazzi non ti lasciano mai solo, sono sempre presenti, vibranti, riflessivi, incazzati ma non abbandonano l'ascoltatore, mai. Un basso pulsante e slabbrato deflagra con tutto il suo carico di distorsione su una batteria marziale a supporto da trame chitarristiche evocative, epiche, potenti, melodiche, acide, arpeggiate in cui si insinua una voce ora disperata ed urlata, ora malinconica. Synth e tastiere sono limitati al minimo e non sono mai dominanti ma danno giusto un contorno alle composizioni create quasi totalmente con strumenti classici ed il loro carico di feedback, echi ed effetti assortiti.
Penso di aver raggiunto il mio record personale di aggettivi con questa recensione ma credetemi, è parecchio difficile rendere a parole una proposta così sfaccettata e inusuale come quella degli
Obelyskkh. Con il recente
Skygods dei
Demonic Death Judge,
Himn to Pan è uno degli album più interessanti che questo genere abbia partorito ultimamente. Zaino in spalla, lungo è il cammino.
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