Non so perché riponessi poca fiducia nel terzo album dei
White Lies, nonostante siano una delle mie bands preferite. Forse perchè i lavori indecenti di Editors e Manic Street Preachers, nomi nati con un'attitudine più sofisticata di quella del trio londinese, mi avevano depressa a sufficienza da farmi paventare una definitiva caduta nel pop. Invece ho sbagliato e
Big Tv finirà nella mia top ten di fine anno. I White Lies non cambiano stile e continuano a mantenersi elegantemente in equilibrio fra new wave anni '80, post punk ed un certo pop elettronico, con un sound meno cupo e dark rispetto ai due precedenti lavori. Commerciali come lo potevano essere gli Arena o gli Ultravox, falsamente easy listening, mai veramente per le masse, con dei punti di riferimento ben precisi ma rielaborati in maniera del tutto personale. Ogni singolo pezzo dei White Lies si è sempre nutrito delle atmosfere londinesi e dei paesaggi urbani inglesi, respira le mattine uggiose, grige e umide, vive il fermento di una città che non dorme mai, racconta le storie delle vite che la popolano. Nemmeno a farlo apposta Big TV è proprio un concept album che racconta la storia di due giovani innamorati, arrivati in città da un paese di provincia. Le mie preferite: la
title track con i synth iniziali rubati a Fade to Grey dei Visage,
Getting Even con il suo perfetto refrain,
First Time Caller ed il primo singolo estratto
There Goes Our Love Again. La bella voce di Harry McVeigh, una delle mie preferite, non perde un colpo. Ecco, i White Lies per me sono casa.
"Keep on running
There's no place like home"
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