Probabilmente nessun altro esponente del metal contemporaneo può vantare un curriculum e una poliedricità anche solamente paragonabile a Justin Broadrick, personaggio sempre umile e sempre capace di esprimersi e reinventarsi a prescindere dai linguaggi, dai codici più o meno in voga e dalle mode in generale.
Pioniere del metal estremo, sperimentatore, provocatore, musicista e produttore quanto meno eclettico, i suoi lavori hanno sempre avuto una costante ben particolare, che col tempo è poi diventata un po’ la sua stessa cifra, ossia il saper donare emozioni genuine, semplici, dirette a chi li ascolta.
La sua creazione, Jesu, s’è contraddistinta sin dalle primissime uscite per la capacità d’emozionare in maniera semplice, con pochi suoni e pochi ritmi, riscoprendo per così dire il piacere dell’essenzialità e del minimalismo nell’ambito di una musica che, mai come in questi anni, è stata sovra-sfruttata, stressata e ha subito ogni sorta di esposizione mediatica.
Lo si potrebbe chiamare post rock, ambient, non è importante, quel che conta è la presenza, terapeutica di beat semplici e ipnotici (in questo caso la drum machine aiuta non poco), chitarre enormi, sature, ma al contempo quasi rassicuranti, come se rappresentassero un caos imbrigliato e domato e la voce, pulita, mai esagerata, quasi a recitare un mantra.
Le tracce sono un susseguirsi di paesaggi sonori che ripropongono cicli di suoni, situazioni sonore arricchite da campioni e fissate in arrangiamenti semplici e sublimi, che raccontano la capacità artistica di Broadrick, ne sottolineano la sensibilità e l’adattabilità stilistica. Tra tutte spicca la lunga ma catartica The Great Leveller, continuo saliscendi d’emotività che sembra non doversi mai risolvere, in bilico per quasi 18 minuti su un picco di essenzialità espressiva che è difficile da concepire, figuriamoci da replicare.
Forse è giusto che sia chi conosce l’estremo e il caos ad eccellere nello stabilire un ordine e una pace interiore nella propria capacità comunicativa, se questa teoria può avere anche solo un minimo di fondamento, quest’ultimo album del progetto Jesu ne è certamente la prova tangibile.
Rilassatevi, rallentate, godetevi il sublime viaggio.
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