Da una band dal nome
Tungsten Axe e che intitola il proprio album d'esordio "Swedish Iron", non ci si può aspettare altro che colate di metallo pesante.
Invece quello che arriva dalla Svezia è tutto al più un rivoletto di Metal scaturito dall'ennesima formazione preda delle pulsazioni R.W.O.H.M.
"Swedish Iron" è stato registrato praticamente in presa diretta e i suoni
retrò che escono dall'album ricordano davvero i bei tempi passati, creando anche delle aspettative, peccato però che poi le canzoni pecchino d’ingenuità e originalità, con un brano come "Heavy Metal" che non manca all'appuntamento del dovercelo dimostrare.
Ma le cose si erano messe male sin dall'inizio, con la scelta di partire sulle note della strumentale "Prelude", ben poco ispirata e in balia di un guitarwork davvero scontato, per prendere poi una brutta piega in occasione di "Divided" o "The Steel is Sacred", raffazzonate e con un Dick Mattsson non particolarmente ispirato dietro al microfono.
Qualche spunto positivo si riesce a cogliere qua e là, più che altro nel corso di "Devil's Children" o nelle prime battute di "Times", peccato che la lunga e scombinata "Elna K. Eriksson" non dia certo una mano a questo lavoro.
Nel suo complesso l'attuale proposta dei Tungsten Axe non è ancora ai livelli di altre formazioni che si muovono su coordinate simili, come ad esempio i connazionali Screamer.
Credo occorra un bello scossone.
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