Fermi tutti. Sinceramente non credo di aver mai ascoltato un debut album così bello. Sono parole forti, molto forti, ma basta ascoltare per credere, nulla più. E la cosa ancora più sconcertante è che i ragazzi che hanno confezionato questo gioiellino hanno vent'anni. I The Music posseggono chiaramente le stimmate del talento cristallino ed è segno che tira buon vento da quelle parti (Leeds per la precisione); il gigante del rock inglese si sta lentamente risvegliando e lo sta facendo con ancora in testa i suoi vecchi, ma ancora inarrivabili, baluardi: Led Zeppelin, Pink Floyd e la vecchia scena della cosiddetta "Madchester" (Stone Roses, Primal Scream).
Le radici dei The Music vanno a pescare proprio in quella feconda nidiata di Manchester, occorsa negli anni ottanta, che ha prodotto i primi esperimenti di contaminazione tra hard rock ed elettronica. I nostri spostano l'ago della bilancia sul versante hard rock (ecco perchè sono su EUTK!), sfoderando dieci perle dieci di hard rock psichedelico con licenza di uccidere. Ogni canzone possiede un carico emozionale ed un groove incalzante, mantrico che fa letteralmente sognare ad occhi aperti. Le chitarre sono apertamente anni settanta, calde, colme di feedback e distorsioni dilatate che ben si sposano con un tessuto ritmico pulsante ed a tratti ai limiti del funky ("Disco"). La peculiarità del gruppo sta proprio qui: riuscire a coniugare due elementi apparentemente distanti come schitarrate zeppeliniane e beat elettronico, senza far sì che il tutto risulti un melting pot freddino e scomposto. Al contrario tutto è perfetto: i suoni, la produzione, la fantastica voce di Robert Harvey, che spesso porta alla mente un genio istrionico come Robert Plant, i pezzi, ben bilanciati fra lenti crepuscolari ("Turn Out The Light", "Human") e brani degni dei migliori rock dancefloor ("The Dance", "Float", "Getaway"). Il super singolo "The People", che vi starà ancora risuonando nelle orecchie mentre leggerete questa recensione, ha un giro di chitarra da brividi caldi, ma è solo uno dei potenziali dieci singoli che compongono questo disco, e neanche il più bello (la parola brutto è un eufemismo in questo caso...). Non credo ci sia immagine migliore per esprimerne la bellezza che la copertina del disco. Il caleidoscopio di colori, ritratto in cibachrome, rende bene l'idea della mistura unica di sensazioni che provoca la musica di questo quartetto. Un pastiche che si fonde in un magma sonoro compatto ed elettrizzante. Da pseudo-musicista vi confesso che sono persino invidioso per la qualità e la bellezza delle note che escono fuori dagli strumenti dei The Music. Mi sono sforzato di trovare qualche difetto, ma dopo settimane di ascolti non l'ho ancora trovato. Sono giunto dunque, per spirito critico, ad un bivio: o dietro i The Music si cela il più grande esperto di marketing musicale del momento, oppure il rock è ancora vivo e vegeto e sa proporre ottime band nonostante la sua veneranda età. La seconda che hai detto avrebbe sentenziato qualcuno, e vi dico che il presente, se non il futuro stesso, del rock passa (anche) da qui. Passo e chiudo.
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