Un tizio barbuto con gamba artificiale, un altro barbuto allampanato ed una ragazza poco vestita con un fucile in mano: bisogna ammettere che i
Blackout hanno l’aspetto ideale per una band stoner/sludge. Infatti, sono di Brooklyn e suonano heavy pesante, massiccio e viscoso, sicuramente ispirato agli Sleep e con chiare analogie con formazioni tipo Weedeater, Bongzilla, Fistula e altri del tipo.
Il trio adotta l’attitudine borderline ed un po’ guascona delle formazioni alternative rock di ultima generazione, pur se non si tratta certo di gente di primo pelo. Anzi, notevole il lavoro alle pelli dell’esile Taryn Waldman, che picchia con entusiasmo generando il sostegno ideale per le svisate trippy dei compagni. Il disco comprende solo sei pezzi per una mezz’ora di musica, ma il materiale è buono: segnalo in particolare l’impatto claustrofobico di “Amnesia” e “Anchored” insieme alla estesa cavalcata narcotica “Seven”, dove gli americani mostrano di cercare in qualche modo un loro approccio alla materia.
I Blackout sono certamente una band di nicchia, ma la consiglio agli appassionati che seguono anche le realtà più marginali.
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