Tre
full-length splendidi, segnati da un processo evolutivo talmente costante e significativo da conferire una forma peculiare alla loro miscela “classica” di
doom,
hard-rock,
stoner e
psichedelia, hanno reso i norvegesi
Sahg uno dei migliori interpreti della cultura musicale “vintage”, ormai inflazionata da tanti (troppi?) scolastici emuli, formalmente adeguati e tuttavia privi del necessario carisma.
Enormi aspettative, dunque, per questo nuovo “Delusions of grandeur”, un lavoro, diciamolo subito, assolutamente fascinoso e coinvolgente, in cui i nostri consolidano le loro straordinarie facoltà espressive, espandendo ed enfatizzando la componente “cosmica” (vedere anche l’
artwork del
Cd …) e
progressiva del loro
sound, rendendo il quadro complessivo più articolato e sfaccettato, ma pure, contemporaneamente, un po' meno immediato e istintivo.
Nulla di particolarmente “preoccupante”, in realtà, anche perché l’albo, sostenuto da un suggestivo
concept sugli effetti distruttivi insiti nella sete di potere e di denaro (attingendo da un immaginario interdisciplinare che unisce il cinema di Stanley Kubrick e Fritz Lang, e la narrativa di Sean Williams e Karl Ove Knausgård …), è ancora una volta un palpitante concentrato di
rock evoluto, un viaggio sonoro dall’elevato potere evocativo oggi intriso di una vertigine lisergica a cui, magari dopo un briciolo d’iniziale “disorientamento”, è davvero
difficile sfuggire.
E’ quindi caldamente consigliabile ascoltare attentamente e ripetutamente l’opera prima di formulare giudizi “definitivi” su un disco che, con la giusta attenzione, fin dall’
opener “Slip off the edge of the universe” possiede tutti i mezzi necessari per colpire nel profondo la sensibilità
cardio-uditiva degli estimatori del gruppo, attraverso una mistura sapiente di estro melodico, magnetica intensità e iridescenti cromatismi sonici.
“Blizzardborne” aggiunge ulteriore inquietudine, rarefazione e pesantezza al campionario sensoriale, ma è con “Firechild” che i Sahg danno libero sfogo alle frustrazioni e alle invettive, con la carica catartica di un vigoroso urlo primordiale e i sussulti emotivi innescati da un’astronave alla deriva.
Con “Walls of delusion” l’esplorazione siderale entra nel più cupo tenebrore, in “Ether” e nella cangiante “Then wakens the beast” si scontrano tensione apocalittica e visioni mesmeriche, “Odium delirium” è un’incalzante strumentale di buona fattura, mentre sono i sublimi undici minuti di “Sleeper's gate to the galaxy” ad incarnare il vero momento imperdibile della raccolta, evocando l’immagine frattalica di un’improbabile e
stupefacente (in tutti i sensi …)
jam session tra Led Zeppelin, Pink Floyd, Black Sabbath e Mastodon.
Una notevole conferma, quindi, in grado di offrire nuovamente un contributo importante alla causa del
retro-rock “illuminato”… con i piedi ben saldi sulla terra e lo sguardo rivolto al lato oscuro delle stelle.
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