Arriva, con una copertina brutta che più brutta non si può, sul finire del 2013 l'undicesimo disco dei
Deicide, leggenda del death metal con un paio di capolavori incisi ad inizio anni '90 ma ormai da tempo incapaci di tenere una buona media qualitativa, con dei baratri all'interno del loro songwriting davvero imbarazzanti, talvolta all'interno di interi dischi ("
Till Death Do Us Part", "
In Torment In Hell", "
Insineratehymn"), talvolta in singoli brani che purtroppo vanno ad affossare dischi che altrimenti sarebbero discreti, come l'ormai penultimo "
To Hell with God" che presentava grossi problemi di continuità, con buoni pezzi alternati ad altri di una pochezza imbarazzante, anche perchè eseguiti da gente che,
Santolla a parte, sta nel death metal da una vita, come il leader
Benton, la macchina
Asheim ed il pelatone
Owen che purtroppo, nonostante una carriera alle spalle come quella nei
Cannibal Corpse non è mai riuscito a dare quel qualcosa in più ai Deicide, se non unicamente in "
The Stench of Redemption", dove però paradossalmente erano più gli assoli "fuori contesto" di Santolla a far decollare un disco che senza dubbio rimane il migliore della loro seconda parte di carriera.
Venendo a questo "
In the Minds of Evil" era lecito avere gli stessi dubbi di sempre e temere o un disco pessimo o perlomeno uno decente ma rovinato da composizioni orride. Per fortuna, o per casualità visto che ai Deicide non si capisce se i dischi belli vengano per bravura o a casaccio, questo nuovo disco è senza dubbio un episodio positivo della loro carriera.
Il tutto senza facili entusiasmi e senza strafare: i Deicide non fanno progressive rock inglese, non devono stupire e presentare chissà quali alchimie, e giunti all'undicesimo disco non devono nemmeno inventarsi chissà cosa, devono semplicemente suonare BENE death metal, con pezzi feroci, trascinanti, violenti e possibilmente che non sembrano composti da un gruppo di liceali dell'Arkansas al loro primo demo.
E così è stato.
Da un capellone ad un altro pelatone, fuori Santolla dentro
Kevin Quirion degli
Order of Ennead, ed è sinceramente un successo: BRAVO Quirion, assoli dannatamente death metal, mai fuori contesto, ferali e letali come rasoiate, senza scadere nella sindrome "non sono capace a farli quindi faccio guaire la chitarra senza un minimo senso", il tutto unito ad un songwriting massiccio che per una volta non fa leva solamente su un Asheim lanciato a tutta velocità, ma che dà un largo spazio a breaks rallentati e soluzioni più cadenzate da pieno scapocciamento selvaggio, che rimandano ENORMEMENTE alla mente brani leggendari come "
Sacrificial Suicide" ed "
Oblivious to Evil" dal primo indimenticabile capolavoro assoluto.
La sola "
Between the Flesh and the Void" rappresenta una sorpresa pazzesca della serie "allora siete ancora capaci a scrivere brani così!!!", con un Quirion davvero sugli scudi, così come nei primi secondi della successiva "
Even the Gods Can Bleed", a dimostrazione che il suo impatto nel primo disco che lo vede coinvolto nelle registrazioni è stato assolutamente vincente e devastante.
37 minuti che passano come un lampo, assai piacevoli, senza mai storcere il naso o chiedersi che razza di soluzione bislacca abbiano potuto scegliere, con undici brani (tutti di 3 minuti di durata o appena qualche secondo in più) che filano e riescono anche nel miracolo di differenziarsi parecchio l'uno dall'altro: completano il quadro una buona produzione, ottenuta agli AudioHammer Studios di Sanford, in Florida, ed un Glen Benton irreprensibile dietro al microfono, sia nel suo classico growl che negli (sporadici) scream diabolici.
Non so come sarà il dodicesimo, magari sarà l'ennesimo aborto che ci porterà a sbuffare e decretarli come bolliti, ma è certo che "
In the Minds of Evil" è il disco che i Deicide non riuscivano a comporre da anni e che celebra in maniera perfetta il death metal PURO nel 2013.
Acquisto assolutamente d'obbligo.