Il debutto discografico “ufficiale” dei
Vitriol mi costringe a ripetermi (e per una volta in maniera del tutto volontaria e consapevole …), riproponendo la stessa tesi già esternata di recente a proposito dei rEarth: il futuro del
prog-metal è nelle mani di formazioni emergenti ricche di valore e personalità, le uniche, a mio modo di vedere, in grado di portare nuova linfa vitale ad un settore a cui i “maestri”, tra tentativi evolutivi poco efficaci e pavidi ripensamenti, troppo spesso non sembrano saper più contribuire con la necessaria ispirazione e vitalità.
I brillanti
progsters bolognesi consegnano a questo “Into the silence I sink” tutta la loro profonda cultura di “genere” e la intridono di carisma, volubilità, tensione emotiva,
spleen e fascinoso esoterismo (il
monicker stesso della
band si riferisce a
Visita Interiora Teraae Rectificando Invenies Occultam Lapidem, uno dei celebri motti dell’alchimia rinascimentale …), ottenendo un risultato davvero coinvolgente e sorprendente, grazie ad un
songwriting “illuminato” capace di lasciare il segno e a una forza tecnico-interpretativa anch’essa piuttosto impressionante.
In questo modo, Pain of Salvation, Dream Theater, Riverside, Opeth, Tool e Nevermore (senza dimenticare i capiscuola Yes, Pink Floyd e King Crimson …) finiscono per rappresentare esclusivamente il ricco viatico di un itinerario sonoro e sensoriale di notevole suggestione, intenso e imprevedibile come solo i viaggi nelle contorte e angosciose complessità dell’animo umano sanno essere.
Potenti, ma anche drammatici e alimentati da una forma d’inquietante dolcezza, tesi e fantasiosi, pur mantenendo sempre una grande attenzione alle strutture melodiche, i brani del disco si faranno strada nei vostri sensi in maniera subdola e perentoria, coagulandosi in piccole cariche di deflagrante energia psichica, impossibili da isolare singolarmente e da accogliere semplicemente come la dimostrazione inoppugnabile di una qualità artistica di livello superiore.
A corollario di un albo sopra la media, arriva anche una suggestiva copertina, perfetta per raffigurare la disperazione esistenziale e la labirintica incomunicabilità contemporanea che sostengono dal punto di vista concettuale l’intera opera, così ben parafrasate dal suo stesso titolo … ebbene, raramente “sprofondare nel silenzio” è stato più “fragoroso”, espressivo e denso di
pathos … visione, tecnica ed emozione … difficile pretendere qualcos’altro da un gruppo di
prog-metal nel terzo millennio.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?