Ricordavo di avere una copia del disco d’esordio dei
Monkey3, uscito in tiratura limitata nel 2003. La band strumentale svizzera mi aveva fatto una buona impressione ed ora, a dieci anni di distanza, li ritrovo indubbiamente cresciuti e maturati.
Il nuovo lavoro, “The 5th sun”, si pone nella scia space/stoner rock dei vari
Ancestors, Anciients, Zebulon Pike, ecc, ovviamente privo della parte vocale. In compenso c’è l’apporto delle tastiere, che ampliano gli orizzonti sonori lungo i quindici minuti di “Icarus” e della successiva, frammentata “Suns”, garantendo quell’incrocio di groove ed atmosfera che sappiamo essere la miglior soluzione per questo tipo di produzioni.
Bello anche il crescendo di “Birth of Venus”, che mantiene le promesse del titolo grazie a vibrazioni epiche, mentre “Pintao” è excursus settantiano con sfoggio chitarristico. La vera piacevolezza del disco consiste nella varietà di soluzioni messa in campo dal quartetto elvetico, ed è ciò che me lo fa preferire rispetto ad altre compagini strumentali ascoltate negli ultimi tempi. Niente di miracoloso, ma la conclusiva “Circles” è un buon esempio di come si possa suonare rock robusto, intenso, gustoso, pur rinunciando al classico contributo della voce.
Prova positiva, per appassionati del genere.
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