Dopo
Omertà, un disco che aveva diviso il pubblico in maniera così forte da ricordare quasi un album dei
Dream Theater, ecco arrivare
Men Of Honor, in cui l’assenza di
Portnoy pesa più per il gossip che non per il risultato finale. Ve lo dico subito e senza tanti giri di parole, infatti: a me questo disco piace. Mi piace così come mi era piaciuto e continua a piacermi il precedente. Se avete tempo e voglia di sapere perché, adesso cerco di spiegarvelo.
Partiamo da una semplicissima considerazione, ossia che, a mio parere, le canzoni dei Mob erano e rimangono trascinanti, dirette e incredibilmente efficaci. Forse non tutte allo stesso modo, sono d’accordo, ma sono riconoscibili e di grande impatto, cosa che rende ogni ascolto piacevole e divertente.
Accanto a questo, in Men Of Honor prosegue la storia d’amore della band con le ballad, una storia destinata anche questa volta a smuovere cuori e coscienze, forse non così efficacemente come nel recente passato ma sicuramente con risultati ampiamente sufficienti.
Behind These Eyes è la più canonica, mentre con
Crystal Clear si volteggia in atmosfere acustiche e
Fallin’ To Pieces riserva strizzate d’occhio a sonorità quasi pop, date soprattutto dagli effetti di chitarra utilizzati.
Altro elemento di pregio di questo nuovo album è il sound offerto dalla nuova formazione: meno fantasia per la sezione ritmica ma sicuramente tanta botta, grazie alle martellate di
AJ Pero e alle sberle di
John Moyer. Grazie a questo, i Mob si cimentano anche per la prima volta con un classico rock and roll come
Feel The Adrenaline, aggiungendo un nuovo favoloso colore alla propria tavolozza.
Il vero, gigantesco punto di forza dell’intero lavoro è però l’unione tra groove e melodia. Perché, pur mantenendo un grande amore per la violenza sonora, al centro di tutto rimangono linee vocali catchy e di ottimo impatto. Ed è proprio lì che risiede l’anima degli Adrenaline Mob, nell’unione tra riff granitici e ritornelli da cantare sotto il palco, sotto la doccia, sotto dove vi pare. Le prove dell’efficacia di questa unione, all’interno dell’album, sono tante: la doppietta iniziale, la title-track e
House Of Lies, ad esempio, anche se questa caratteristica rappresenta il vero filo conduttore che accompagna tutto il lavoro della band, fin dagli esordi.
Infine, mi pare giusta una citazione per i due motori del progetto,
Allen e
Orlando. Il primo offre ovviamente una prestazione vocale maiuscola, perfetta, gloriosa e possente. Il secondo invece in questo album sembra volersi ritagliare più spazio, quasi fosse stato un po’ frenato nelle release precedenti. Il lavoro alla chitarra, oltre ai bei riff, si concretizza dunque in soli davvero sempre diversi e di grande impatto, che tra l’altro mantengono sempre una durata perfetta, non togliendo importanza alle canzoni ma mettendosi al servizio della buona riuscita di ogni singolo pezzo.
Se non avete mai gradito la proposta musicale dei Mob, non sarà certo questo album a farvi cambiare idea. Ma se siete stati in grado di apprezzare Omertà e uno stile ormai impresso a caratteri cubitali nella roccia, Men Of Honor non vi deluderà.
I commenti all’album precedente me li ricordo ancora…”finto”, “marchetta per soldi”, “costruito”. Bah, io negli Adrenaline Mob ci vedo solo del sano e onesto metal, moderno e suonato alla grande. Certo, la produzione giova di tutte le modernità possibili, ma perché privarsene se il risultato è una botta in faccia così piacevole?
The Mob is back…per me solo una gradevole conferma, anche con protagonisti diversi.