Ammetto di scoprire solo oggi
The Goddess Principle, primo lavoro degli
Steel Prophet (e vi invito a fare altrettanto), grazie alla ristampa della
Pure Steel Records. Davvero di difficile reperibilità, questo lavoro che all'epoca (1995) era un vero e proprio demo registrato su un 8 piste e buttato fuori dalla tedesca
Brainstorm Division sotto le spoglie di un album ufficiale, può oggi allietare le orecchie dei sostenitori del Profeta d'Acciaio e di tutti gli amanti dell'US metal.
C'è da dire che questa band fin dai suoi inizi dimostra grandi capacità e potenzialità ma che è molto diversa da quella che è poi salita alla ribalta nel 1999 con
Dark Hallucinations (e con l'ancora più spettacolare
Messiah) sotto l'egida della
Nuclear Blast che collocò (a torto) la band nell'allora imperante calderone power.
Da sempre etichettati come i
Maiden statunitensi, la band di
The Goddess Principle è in realtà una creatura a metà strada tra
Fates Warning, Metal Church, Queensryche e Crimson Glory che mette in campo canzoni tutt'altro che semplici o banali.
La notevole quantità di riff partorita da
Kachinsky si mescola in modo eccellente con la splendida voce di
Mythiasin che svetta sempre alta e potente, sulle orme di
Arch e
Midnight. Tutti questi riff vengono inseriti in un songwriting progressivo, ovvero pieno di cambi di atmosfera e di tempo, pensate che sulla bellissima
Fatal Euphoria ne ho contati 7/8 (praticamente più di uno al minuto), coadiuvati dal buonissimo lavoro di basso di
Vincent Dennis, davvero un musicista valente che accompagnerà poi la band per tutta la carriera, concedendosi anche impegni con i rap metaller
Body Count, sì, quelli di
Ice-T, il detective Fin Tutuola di
Low & Order.
All'interno di tutta questa varietà di riff e cambi repentini non mancano perfino spunti thrash, presenti in diverse composizioni come
Prophecy Upon Us, brano parecchio arrabbiato, che non si nega però il piacere di cambiare d'umore e tempo frequentemente, una corsa su e giù continua.
Spesso a causa di una produzione tutt'altro che esemplare, molti passaggi risultano secchi, non vengono esaltati gli assoli e gli strumenti sono tutti sullo stesso piano, alcuni innesti di tastiere non sono proprio ben riusciti come su
Penance of Guilt ma, nonostante ciò, il lavoro è davvero valido.
Se anche voi, come me, avete apprezzato gli
Steel Prophet del periodo '99-'02 andate pure alla scoperta del loro passato, del loro animo prog, magari con un songwriting perfettibile e qualche incertezza di gioventù, ma sicuramente già capaci di stupire.