Un vero personaggio, questo Monte Pittman. Partito da casa giovanissimo per cercare fortuna a Los Angeles, si è casualmente trovato alla ribalta diventando il chitarrista nientemeno che di Madonna, la superstar del pop mondiale. Con lei è stato in tour, ha contribuito ad alcuni dischi, partecipato al David Letterman Show (vera istituzione, negli USA..), suonato al Super Bowl 2012 ed ottenuto diverse nomination al Music Awards. Ma la carriera del chitarrista non è legata solo a lady Ciccone, perché ha fatto anche parte dei Prong, pur in un periodo non particolarmente esaltante (“Scorpio rising”, ecc.).
Ora Pittman si è messo per conto suo e con questo album riscopre le proprie radici metalliche. Lo stile è molto vicino a quello dei Black Label Society, con brani robusti e chitarra a macinare riff ed assoli all’interno di un’atmosfera piena di potenza heavy. Le capacità tecniche sono evidenti ed i due compagni dell’axeman forniscono la base muscolare e l’energia, mentre qualche perplessità nasce dalla voce, forse non abbastanza “ruvida” per questo tipo di sound. Anche la lunghezza delle canzoni appare talvolta eccessiva, pur se il trio ce la mette tutta per non risultare ripetitivo.
Segnalo in particolare le massicce “A dark horse” e “Blood hungry thirst”, insieme ai tredici minuti di “All is fair in love and war” che contiene tutti gli elementi metallici che si possono immaginare, compresa qualche strofa in puro growl.
Da sottolineare la produzione di Flemming Rasmussen, vecchia volpe dell’heavy metal, che rappresenta sempre una garanzia.
Un buon lavoro, sul quale la Metal Blade pare contare parecchio, vista la notorietà guadagnata dal protagonista su altri palcoscenici musicali. Se vi piacciono Zakk Wylde, i Pantera, i Metallica dal “Black album” in poi, è un disco da avere.