Difficile sostituire due “mostri sacri” come Yngwie Malmsteen e Steve Vai, ma evidentemente Danny Johnson, reduce dalle ottime prove con Derringer (da non perdere il disco omonimo, “Sweet evil” e “Live” …) e con gli Axis del favoloso “It's a circus world” (cercatelo … non ve ne pentirete …), possedeva la personalità (e un briciolo d’incoscienza …) necessaria a sostenere un confronto sicuramente improbo.
Con lui in formazione, gli
Alcatrazz appaiono ormai definitivamente instradati verso una forma di
hard-rock “commerciale”, figlia degli edonistici anni ottanta, con un Graham Bonnet (verosimilmente sollecitato anche dalla Capitol Records …) che tentava con questo “Dangerous games” di mantenere il “passo dei tempi” (e il suo tenore di vita …) sfruttando un approccio piuttosto
poppettoso e adulatore, complessivamente gradevole e parimenti abbastanza “misurato” e tuttavia fatalmente deludente per tutti i suoi
fans storici.
Quello che manca veramente al
platter è, in realtà, un pizzico d’ispirazione, circostanza che vanifica in parte gli effetti benefici cagionati dalla sempre incisiva e appassionata ugola di Bonnet e dalla discreta prestazione offerta da Johnson, un musicista molto meno “appariscente” dei suoi predecessori eppure efficace e disinvolto, tutto sommato a suo agio anche in questo contesto.
Il programma si apre con “My life”, piuttosto riuscita riproposizione di un classico firmato The Animals, laddove ben più di qualche perplessità le destano brani come “Undercover”, “That ain’t nothin”, “No imagination” e “Ohayo Tokyo”, troppo “leggere” (anche sotto il profilo del “peso” artistico …) e
synthetiche per poter in qualche modo impressionare davvero i cultori di Rainbow e MSG (compresi quelli più “open minded” …).
Risultati nettamente superiori, pur in una situazione di evidente ricerca
mainstream, li ottengono la melodia ruffiana della
title-track, la contagiosa “Blue boar”, la suggestiva ballata notturna "Witchwood” e la grintosa “Double man”, con un Johnson in evidenza.
Buone notizie, poi, benché osteggiate da una vaga sensazione di “raschiamento del barile”, arrivano pure da “Only one woman”, bella
cover dell’
hit dei The Marbles (il duo formato da Bonnet e da Trevor Gordon artefice di un buon successo alla fine degli anni sessanta …), mentre a “Night of the shooting star” tocca il compito di sigillare, con una breve dissertazione
doo-wop, un albo piacevole e nondimeno inadeguato a soddisfare tutte le importanti aspettative che gli Alcatrazz avevano instillato nei loro estimatori.
La ristampa di “Dangerous games” della Metal Mind, arricchita come di consueto da tre
bonus-tracks live, riporta, dunque, l’attenzione dei
rockofili su un lavoro sicuramente “imperfetto”, che come spesso accade quando si tenta di adeguarsi alle lusinghe del mercato senza la necessaria “convinzione”, appare “sospeso” in un limbo d’irresolutezza … riscoprirlo, però, in virtù delle sue qualità comunque apprezzabili e del suo valore “filologico”, è un’operazione che mi sento in ogni caso di non scoraggiare …
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