Dopo aver dato alle stampe il debut album
“Fragments” nel 2010, tornano a distanza di quattro anni i francesi
Colussus e devo dire, con immensa sorpresa, che si tratta di un ritorno molto interessante, che difficilmente mi sarei aspettato, visto che la moda imperante nell’esagono transalpino è quella di giocare a scimmiottare i
Dagoba o ergersi a nuovi
Gojira, chissà poi perché…
“Lobotocracy” invece è un album che partendo dalla brutalità del predecessore sa aggiungere molti elementi, soprattutto a livello tecnico di base e struttura che fanno si che oggi possiamo parlare dei Colossus come di una tecnichal-deathcore metal band. Etichetta articolata ma basta ascoltare
“The Beyond Chronicles” che è un po’ il pezzo principe dell'album e principale manifesto dell’evoluzione sonora della band, per rendersene conto. Se infatti da una parte troviamo ancora ben chiara la violenza primordiale del debut album, dall’altra vediamo come la band abbia voluto cercare di personalizzare la propria proposta anche a costo di sembrare eccessivamente snob nell’ostentazione di una certa tecnica raffinata. Bene anche la seguente
“The Path Of Retaliation” dove il lavoro melodico e i continui cambi di tempo e d’atmosfera tengono altissima l’attenzione per tutta la durata del pezzo. Interessante notare come la sezione ritmica si erga spesso a vera e propria protagonista (
“Hellsurrection Pt 2”) marchiando indelebilmente i pezzi per varietà, fantasia e concreta potenza.
“We Are The Ones Called Devils” è invece un brano che mi ha lasciato alquanto perplesso, perché al netto di un inizio molto “classico” mette troppa carne al fuoco nei quattro minuti scarsi, mostrando, più che una creatività debordante, un’incapacità nel saper focalizzare le proprie qualità. Ci sono più spunti in questo pezzo che in interi album di illustri colleghi, ma ciò non vuol necessariamente dire che tutte le idee siano di qualità, quantità e qualità difficilmente vanno d’accordo… Un aspetto sul quale credo che la band debba lavorare con maggiore attenzione sono le vocals, infatti va bene essere aggressivi e potenti, ma le linee vocali proposte dai due (!!) cantanti sono troppo piatte e monocorde e non ne giustificano assolutamente la presenza, in quanto, mentre i compagni si “ammattiscono” per cercare lo spunto originale, loro si limitano semplicemente a grugnire qualcosa di incomprensibile come dei qualsiasi brutal singer cercando giusto di alternare i rantoli a delle urla beduine, ma restando comunque piatti e scontati. Qualcosina in più viene proposto in
“Seize My Final Breath” dove ad una base schizoide e schizofrenica, che può ricordare i
Dillinger Escape Plane più ambiziosi, vengono legate delle vocals pulite in stile
Korn. In generale le cose vanno meglio nei chorus che fanno guadagnare alla band il suffisso “core” ma più per mancanza di un’altra etichetta che non per appartenenza.
“Lobotocracy” al netto di qualche banalità (come la copertina) e di qualche eccesso, è dunque un album veramente piacevole con tantissimi spunti interessanti, una incessante frenesia esecutiva che dona grande ritmicità e dinamicità al sound (
“Endless Torment”) forgiando un vero assalto cervellotico ma ben congeniato, un attacco per terra, mare e aria e la distruzione è sicura. Sarà difficile spodestare i
Colossus dal trono di miglior sorpresa dell’anno anche se siamo solo all’inizio, la battaglia è vinta, per la guerra manca poco…
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