Vi piacciono gli FM? Siete tra quegli “illuminati” che considerano il (sottovalutato) gruppo britannico una perla melodica di prima grandezza?
E come valutate i Seventh Key? Non pensate anche voi che, citando uno di cui ho
discreta stima, siano artefici di un […]
suono che fa dell’estro, della magniloquenza e della melodrammaticità le sue armi primarie di “seduzione globale”, lasciando poi che tecnica sopraffina, entusiasmo, esperienza e professionalità completino l’opera di soggiogamento[…]?
Bene, se avete risposto in maniera affermativa a questo stringato questionario introduttivo, oltre a complimentarmi per il gusto e l’intelligenza musicale che dimostrate, vi consiglio caldamente di impossessarvi quanto prima di una copia di “Epic”, il nuovo lavoro solista di
Steve Overland.
Lo ammetto … le referenze sembrano fin troppo facili, per un disco in cui la voce degli autori di “Indiscreet” e “Tough it out” (senza dimenticare “Takin’ it to the street” …) collabora con Mike Slamer (e c’è anche Billy Greer ai cori …), ma a volte sono proprio le allusioni meno “imprevedibili” a fornire la chiave di lettura più adatta alla situazione contingente, all’interno di un disco in cui il
sound adamantino e levigato dei primi (e mettiamoci pure The Ladder e Shadowman, altri due momenti importanti nella carriera di Overland) si giova del lussureggiante ed estetizzante contributo dei secondi, operando un’interessante e appassionante operazione di sintesi.
Fatalmente (la laringe è uno strumento molto caratterizzante …), invero, il tutto appare spostato verso gli FM e ciò nondimeno la “mano” dei Seventh Key non risulta in alcun modo né accessoria, né esclusivamente
propagandistica.
Ed ecco che, per esempio, quel vago sentore di ripetitività che aleggiava su “Diamond dealer”, episodio precedente della parabola artistica individuale di Overland, viene spazzato via da una rinnovata
verve complessiva, capace di evocare, in aggiunta ai nomi già citati, figure leggendarie del settore come Foreigner, Shadow King, Michael Bolton, The Law, Kansas e Steelhouse Lane.
Agli scettici suggerisco l’ascolto immediato dell’infettiva “Radio radio”, della vellutata “If looks could kill” e della straordinariamente adescante “Stranded”, materiale che dovrebbe convincerli istantaneamente della spiccata energia espressiva posseduta da questo “Epic”.
L’arrivo dell’irresistibile “Rags to riches”, poi, sembra perfetto per avvalorare la tesi di una riuscita fusione artistica su tra
Frequenze Modulate e
Settime Chiavi e mentre “Liberate my heart” ci immerge in un’ammiccante atmosfera soffusa (potrebbe piacere
addirittura, estremizzando la questione, ai
fans dei Simply Red …), tocca a “Down comes the night” far sussultare in maniera salutare le coronarie di tutti i
melodic rockers (soprattutto quelli che si ricordano quando Bolton non duettava con Anna Tatangelo …
sob …), messe ancora a dura prova dalle suggestioni vagamente Toto-
esque di “If your heart’s not in it” e “So this is love”, dal pulsante
hard n’ soul n’ blues “Rock me”, dall’emozionante
anthem adulto “Wild” e da “The end of the road”, un cangiante
prog-AOR di grande efficacia e intensità emotiva.
Ricordando che a siffatta opulenza sonora contribuisce pure Christian Wolff (Moratti) e la sezione ritmica degli Unruly Child composta da Larry Antonino e Jay Schellen, non mi resta che ribadire un concetto semplice, che spero sia già molto chiaro e che, utilizzando le riconosciute doti di sintesi della lingua anglofona, voglio così, magari un po’ rozzamente, riassumere …
buy or die!