Ci sono dischi che sono fatti per divertirsi, altri per sfogarsi, altri ancora per ragionare, senza dimenticare quelli per abbandonarsi allo
spleen, alla magniloquenza o al sentimento.
Poi ce ne sono alcuni che invece sembrano principalmente indirizzati a lasciar fluttuare liberamente il pensiero, impegnati in un
viaggio nello spazio profondo (oppure, se preferite, nei meandri del proprio subconscio, non meno enigmatici e ignoti …), alla scoperta dei misteri dell’esistenza.
Questo lavoro dei
Chaos Venture appartiene proprio a quest’ultima categoria di prodotti e se sorprende un pochino scoprire che tra i protagonisti della prima fatica discografica di una
band di tale indirizzo (la quale si autodefinisce fautrice di un criptico “
space alien metal” …) ci sono Andrea De Paoli (Labyrinth, ex Vision Divine e Shadows of Steel) e Andrea "Tower" Torricini (Vision Divine), la presenza di blasonati ospiti come Kevin Moore (ex Dream Theater, OSI, Chroma Key), Mark Zonder (Fates Warning, Warlord) e Richard Barbieri (Porcupine Tree, ex Japan), appare molto più consona all’intendimento, nonché una garanzia di “naturale” propensione a sonorità
cosmiche,
magnetiche ed
espanse.
Evidentemente, però, anche chi di solito si affida al
power sinfonico per esprimere il suo innegabile talento, nutre talvolta la necessità di abbandonare certe forme di maggiore
pragmatismo espressivo, e diciamo subito che all’esigenza corrisponde poi anche una consistente abilità nella relativa trasposizione musicale, dacché “Chaos venture - 1.0” si può tranquillamente considerare un “esperimento” piuttosto riuscito.
Merito anche di Christian Casini e Alberto Rizzo Schettino, artisti di notevole livello e di ampia “visione”, i quali, assieme ai loro più noti sodali, coadiuvati dalle chitarre frementi di Nicola Fassi, Gabriele Casini e Gianfilippo Innocenti e dalle percussioni di Tony Liotta (musicista di comprovata esperienza …), realizzano un interessante ibrido di
elettro-ambient,
metal,
prog e
new age, palesemente ispirato da Pink Floyd, Alan Parson, Tangerine Dream (quelli meno ostici …), Jean Michael Jarre e dagli stessi Porcupine Tree, OSI e Chroma Key.
Vista la natura immaginifica e fortemente evocativa dell’opera e una situazione globale piuttosto coesa e omogenea (indice, peraltro, di una spiccata “affinità elettiva” con degli
special guests assennati e non invadenti …) non mi sento di effettuare selezioni o di spingermi in descrizioni assolutamente soggettive (più del “consueto”, diciamo …) … quello che, però, mi preme rilevare è la carenza di un pizzico d’intensità, colpevole di ammantare l’intero programma di una modesta forma di superficialità sensoriale.
Fornire di un ulteriore
boost il motore emozionale con cui è equipaggiata la navicella Chaos Venture, magari incrementando e coordinando meglio l’uso delle voci (qui sporadicamente gestito da Remo Sartori, Daniele Baglietto e Giulia Pessina …), sembra, dunque, l’obiettivo su cui dovranno lavorare gli ingegneri del corposo e valente equipaggio … attendiamo riscontri in questo senso dall’auspicabile versione 2.0 della missione.
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