Siamo così arrivati alla seconda fatica dei
Mayan, band fondata nel 2010 da
Mark Jansen (frontman degli
Epica) e dal tastierista
Jack Driessen (
ex- After Forever). A completare la formazione vediamo
Ariën van Weesenbeek e Rob van der Loo (anch'essi provenienti dagli
Epica), il chitarrista
Frank Schiphorst (ex-
Enraged e
Simmetry), i vocalist
Laura Macrì e
Henning Basse (entrati a tempo pieno nei Mayan).
Definire la musica dei Mayan è affar assai complicato visti i numerosi elementi presenti nello stile della band. Relegarli nel solo Death sarebbe troppo semplicistico, così come lo sarebbe legarli strettamente a qualsiasi altro genere metallico. Questo era già stato dimostrato col precedente
Quarterpast, dove avveniva una mistura di influenze dal death al progressive, dal black al symphonic, in maniera brillante e per nulla scontata. La fusione dei diversi stili di canto permane anche in questo nuovo album e l'intreccio risulta sempre funzionale alla struttura dei brani.
Antagonise doveva essere dunque il disco della conferma per coloro che hanno apprezzato
Quarterpast o della definitiva stroncatura per chi l'ha odiato. I Mayan ripartono proprio da questo punto, mantenendo le caratteristiche che hanno segnato l'album precedente e forse tentando di spingere ancor più sulla mistura di genere, tenendo sempre in alto l'idea di appartenere ad un metal non classico, ma sperimentale.
Antagonise trova anche nelle tematiche delle lyrics un suo punto cardine, parlando della corrente condizione della società, dove libertà e privacy sono sempre più limitate; si tratta poi delle bugie e della propaganda dei governi, dello spionaggio, della cosiddetta "guerra al terrore", della finta libertà che ciascuno crede di avere ma che in realtà è sotto stretto controllo delle autorità. Da questa premessa si può già stabilire che non si è di fronte ad un disco banale, né dal punto di vista musicale, né per ciò che riguarda ai testi.
Antagonise si apre all'ascoltatore con
Bloodline Forfeit canzone che si può legare eccellentemente a
Quarterpast, pesante, dai ritmi scanditi, dove le melodie e le tecniche vocali si alternano alla perfezione. Henning Basse dimostra e conferma di esser un cantante veramente dotato ed è supportato da una sezione ritmica che non perde un colpo. La successiva
Burn of Witches prosegue con le stesse caratteristiche della precedente (anche qui Basse compie un buonissimo lavoro assieme agli altri vocalist e alla sezione ritmica), il tocco in più è dato dall'orchestrazione più presente rispetto alla opening track e da una maggiore influenza progressive. Schiphorst si destreggia bene sia nella ritmica che negli assoli in entrambi i pezzi.
Redemption, la terza traccia dell'album, è ancor più orchestrata ed epica. Tutta la band esegue il pezzo in maniera eccellente, qui Jansen riesce a dare una delle prove migliori e si sente la voce femminile per la prima volta nel disco in alternanza al growl del frontman degli
Epica.
Paladins of Deceit prosegue la strada del death symphonic con elevati arrangiamenti e l'oramai distintiva alternanza di tecniche vocali con una sfumatura black che può portare alla mente anche i
Dimmu Borgir, il soprano ha un piccolo ruolo, nascosto e fondamentale alla buona riuscita della struttura del pezzo.
Lone Wolf, quinto pezzo, parte in maniera pesante intrecciandosi con una bella melodia di piano eseguita da Driessen e dalla sempre notabile voce di Basse; la traccia risulta una delle più cupe del disco, godibilissima. La successiva
Devil in Disguise si ben avvicina ad un misto symphonic black e un po' heavy/power (quest'ultimo regalato dalla straordinaria performance di Basse) con delle eccellenti orchestrazioni che danno sempre quel tono oscuro al disco. La sezione ritmica resta senza eccezione ad un livello altissimo, il basso Rob van der Loo è sempre presente, tutto grazie alla buonissima produzione. La seguente
Insano è un bel intermezzo di chitarra acustica e del soprano Laura Macrì (che esegue in italiano la canzone), è una sosta ristoratrice prima della pesantissima
Humane Sacrifice, sul piano extreme una delle migliori tracce. Pregevole il lavoro della Macrì anche in questa canzone, pure qui la sezione ritmica compie un gran lavoro.
Human Sacrifice non smette di stupire sino alla fine con delle buone parentesi prog. Si passa a
Enemies Of Freedom che alterna tutti i vocalist e continui cambi di ritmo, il testo è una chiara denuncia verso l'industria delle armi.
Capital Punishment si apre con un'orchestrazione per poi cedere il passo ad un pezzo death con delle godibili digressioni progressive finendo per sfumare con l'arrangiamento di Driessen.
Faceless Spies conclude l'album in maniera magniloquente ispirandosi al miglior death in senso storico condito in salsa epica.
Per finire si può sicuramente affermare che
Antagonise non è assolutamente un album scontato, consigliato agli amanti delle misture di genere e soprattutto all'orecchio paziente, non c'è soltanto la superficie musicale, anche qualcosa in più per riflettere sul nostro tempo.
Video di Human Sacrifice (2014)
Video di Faceless Spies