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Ancillotti e fatalmente il pensiero corre alla Strana Officina e alla Bud Tribe … storie di amicizia, fratellanza, famiglia (nel vero senso della parola, dacché la formazione, oltre al mitico Bud, vede la presenza di suo fratello Bid al basso, di suo figlio Brian alla batteria e di “Ciano” Toscani, fondatore dei Listeria e “vecchio” amico e collaboratore della Strana, alle chitarre!) e passioni condivise, prima ancora che vicende legate a questioni
squisitamente artistiche.
Impulsi che si rivelano, poi, attraverso testimonianze inoppugnabili di attitudine e destrezza in seno ad una materia sonora, quella innescata dalle scintillanti cromature dell’
hard n’ heavy, vissuta profondamente in ogni fibra muscolare dell’organismo, come una scossa vitale impossibile da abiurare.
L’ascolto di “The chain goes on” conferma i
fausti presagi, e se sotto il profilo stilistico non si registrano particolari “sorprese”, ad
impressionare ancora una volta è il livello compositivo ed esecutivo che sostiene l’operazione, con partiture costantemente avvincenti, la voce inconfondibile e carismatica di Daniele in grande spolvero, l’
ascia di Toscani tranciante e sensibile e una sezione ritmica potente, precisa e “geneticamente” affiatata.
E’ davvero raro trovare tanta “familiarità” affiancata ad una dose così imponente di “freschezza”, e con la scelta di patrocinare gli Ancillotti, la Pure Steel Records (laddove tengo ad evidenziare con somma soddisfazione che la versione in vinile del disco è appannaggio dell’ineccepibile “cognizione di causa” della nostra Jolly Roger Records …) dimostra notevoli doti di perspicacia e capacità, in realtà non sempre esibite analizzando il suo pur imponente
roster.
Insomma, l’
album è uno straordinario concentrato di
NWOBHM,
acciaio teutonico e
hard rock ottantiano, capace di spingersi con innata disinvoltura sino a lambire lidi di natura
class-metal, disimpegnandosi tra assalti all’arma bianca (“Bang your head”, “Warrior”), blocchi di ammaliante granito (“Cyberland”, l’irresistibile
anthem “Legacy of rock”) e un ricco assortimento melodico, solcato da imperiose foschie ("Victims of the future”), fraseggi solerti e serrati ("Monkey”, non lontana dall’Ozzy solista), ambientazioni ardenti (la Thin Lizzy-
esque "Liar”) e trame pastose e satinate (“I don't wanna know”, “Devil inside”, “Living for the night”, la languida “Sunrise”), il tutto senza perdere mai di vista l’obiettivo primario dell’impresa, ovvero la perfetta celebrazione del “mistero metallico”, in cui suoni ampiamente consolidati e codificati riescono ancora ad appassionare e coinvolgere come se fosse sempre una “prima volta”.
Ed ecco che, in conclusione, a quelli che immancabilmente riterranno questo “The chain goes on”, la “solita vecchia roba classica”, posso solo dire … avete ragione, ragazzi, ed è
proprio bellissima.