Ok, lo ammetto: mi sono perso per strada (come la gran parte di voi, dite la verità!) l’uscita di questo disco nel 2011. Ma ora, grazie alla edizione nuova di zecca ad opera della
20 Buck Spin, avremo tutti quanti modo di rimediare, garantendo al primo (nonché, ad oggi, unico) full lenght degli
Obsequiae l’attenzione che merita.
Contenti?
Io sì, visto che parliamo di un lavoro pregno di un fascino raro oggigiorno; un lavoro per il quale la label dell’epoca, la celebre (?)
Bindrune Recordings, coniò addirittura una nuova definizione: castle metal.
Ebbene, per quanto simili categorizzazioni possano risultare risibili, devo ammettere che nel caso che ci occupa ci avviciniamo alla realtà. In effetti, ogni aspetto della release (l’artwork, ad onor del vero, era più efficace nella prima incarnazione, che ritraeva uno splendido arazzo dalle tinte blu) ci proietta dritti nell’Età di Mezzo, abbarbicati in qualche maniero sperso nelle campagne europee. Ancor più ammirevole che tale risultato venga raggiunto da un duo proveniente dal Minnesota, che di medievale non ha poi granché: credo che la costruzione più antica da quelle parti sia la fabbrica di
Spam, alimento di dubbio gusto reso celebre dall’indimenticabile sketch dei
Monty Python.
La miscela sonora confezionata da
Blondel de Nesle e
Neidhart von Reuental può venir sommariamente inserita nel calderone del black metal; eppure, come accade per molte band a stelle e strisce, l’approccio alla composizione non investe su velocità e cattiveria. Al contrario, il mood del platter si mantiene solenne, mistico, per certi versi addirittura proggy e raffinato.
Ciò che più conta, il sound di
Suspended in the Brume of Eos è davvero
sui generis. Non ho certo la presunzione di conoscere ogni band sulla faccia della Terra, ma vi assicuro: troverei serie difficoltà a portarvi termini di paragone efficaci. Agli
Obsequiae va dunque riconosciuto l’immenso pregio di aver creato uno stile personale.
Uno stile che definirei dicotomico: le tracce più propriamente metal, infatti, vengono alternate a brevi interludi acustici (
Sidhe,
Wildes Herr,
Estas Redit e
Boreas).
Pur rimanendo le due anime della band ben scisse l’amalgama funziona, conferendo varietà e respiro senza far perdere coesione al disco.
Al tempo stesso, per quanto pregevoli possano risultare le parentesi strumentali, il
fulcrum di
Suspended in the Brume of Eos va rintracciato in brani come
The Wounded Fox,
Altars of Moss o
The Starlight Shore. Brani ai quali le strutture articolate, il riffing fantasioso, la sezione ritmica ispiratissima e la produzione a dir poco calzante riescono a donare grande pathos ed epicità. E ciò, si badi, senza ricorrere alle usuali scappatoie degli strumenti dell’epoca e delle keyboards.
La perfezione non è di questo mondo: così, una eccessiva reiterazione melodica e la mancanza di pezzi che si elevino al rango di capolavori sottraggono qualcosina al voto finale. Comunque sia, per quanto mi riguarda ci troviamo di fronte a una bellissima scoperta, che consiglio senza remore a chi ancora cerchi originalità nella nostra musica favorita.
Gloria al castle metal degli
Obsequiae!
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