Molto probabilmente il nome dei
Sombres Forêts sarà sconosciuto ai più sebbene il gruppo canadese sia già al suo terzo lavoro e sia, nel vivo underground estremo del Quebec, una delle realtà più interessanti e più affascinanti.
Annatar, membro unico dei nostri, prosegue il suo tormentato cammino discografico che, progressivamente, sta abbandonando il black metal degli esordi dirigendosi verso una forma espressiva "nuova", più atmosferica e certamente più sofferente.
Proprio la sofferenza, in tutte le sue nebbiose declinazioni, è la raison d'être del nuovo lavoro.
"La mort du Soleil", sin dal titolo, non lascia spazio al dubbio: musica estremamente sofferta, scarna, fredda all'interno della quale suoni di chitarra lancinanti e dal sapore quasi drone si alternano ad arpeggi e delicate note di pianoforte che dipingono, con colori nerissimi, atmosfere disperate e senza luce.
A tale contesto strumentale si aggiunge, completandone la desolazione, l'urlo straziante di
Annatar che lascia trasparire una tristezza quasi tangibile nella sua forza annichilente.
Va da se che
"La mort du Soleil" risulta essere un album intimo e molto ostico, un lavoro dunque non facile da digerire e da capire, un album espressivamente molto vicino agli ultimi
Gris (non dimentichiamo i
Miserere Luminis in cui
Annatar e i membri dei
Gris stessi suonano insieme) e per tanto, a ben vedere, lontano da quello che "comunemente" si intende per black metal.
"La mort du Soleil" è, infatti, un disco cadenzato, atmosferico e a suo modo melodico, non esattamente quello che ci si aspetterebbe dal metallo nero. Tuttavia nelle sue composizioni c'è più angoscia, più dolore e più oscurità dell maggior parte di album più canonicamente vicini agli insegnamenti di
Darkthrone e compagnia.
Chi di voi fosse incline ad ammirare e godere di scenari disperati e colmi di sofferenza e avesse amato i già citati
Gris, dei quali va detto i
Sombres Forêts non raggiungono i vertici espressivi, deve fare suo questo album e viaggiare, al buio, con esso.
DIssonanze disperate.
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